‘I lupi sbranano le mie pecore: offro 1000 euro a chi me li consegna’

pecora sbranata

Strage di pecore nel senese. Un branco di lupi attacca un gregge creando paura e preoccupazione. E’ successo di notte nell’azienda di un allevatore di San Casciano dei Bagni. Si tratta dell’ultimo di una serie di eventi che in pochi mesi hanno decimato il gruppo di ovini.

Spia di una fauna selvatica ormai totalmente fuori controllo nel senese, come sostiene da tempo con forza l’Unione Provinciale Agricoltori di Siena (Confagricoltura).

«Oltre alla pericolosità dei noti predatori – sottolinea preoccupato Alessandro Cinughi de Pazzi, presidente dell’Unione – la loro fitta presenza sta a significare che la provincia di Siena è diventata un enorme parco naturale dove a farla da padrone sono gli animali selvatici che vivono ormai indisturbati, con danni all’agricoltura incalcolabili».

Sconcerto e incredulità hanno assalito l’imprenditore agricolo Mario Mori (dell’azienda Società Agricola Fratelli Mori), quando alle prime ore dell’alba ha scoperto la carneficina di cui sono state vittime le sue bestiole. Questa volta è toccato a quattro capi, che niente hanno potuto fare contro l’inferocito gruppo di predatori.

Sembra che si muovano in branco, da cinque/sei fino a nove/dieci lupi, visto che delle povere pecorelle spesso i resti sono pochi e sparsi un po’ ovunque.

«In diciotto mesi – spiega Mario Mori – il mio allevamento di ovini è stato attaccato quattro volte e da cinquanta pecore adesso sono rimasto con tre. Per arginare le perdite ho smesso di mandare i capi nei pascoli più lontani (quindi meno controllabili) e negli ultimi tempi le sette pecore che mi erano rimaste le ho avvicinate custodendole nel loro alloggio, dotato di un piccolissimo recinto esterno dove i lupi sono riusciti ad introdursi e fare danno lo stesso».

Mario Mori alleva anche la chianina e poco tempo fa i lupi gli hanno fatto fuori in due settimane ben due vitelli. Per cui la preoccupazione è alle stelle. Non solo. Il branco è così sfrontato che si spinge vicinissimo all’abitato di Palazzone (dove c’è l’azienda di Mori) tenendosi molto spesso a meno di cento metri dalle abitazioni, dove vivono almeno una ventina di famiglie.

«Ho investito quattrocentomila euro per le stalle della chianina e duecentomila per gli ovini – sottolinea Mario Mori – ma la minaccia dei lupi mi costringe a dover rivedere tutta l’attività. Sicuramente chiuderò quella degli ovini e le ultime tre pecore, se si continua così, le utilizzerò per tendere una trappola ai lupi e per i vitelli non so fino a quando resisterò ancora».

«Se cadono nella trappola e riusciamo a beccare i lupi – prosegue Mori, anche in tono provocatorio – c’è tutta la determinazione da parte dell’azienda ad eliminarli e portarli in Prefettura. Non solo. La nostra intenzione – ribadisce Mori – è di mettere anche una “taglia” di 1.000 euro da corrispondere a chiunque possa fornirceli vivi o morti. L’anonimato è garantito».

Hanno il sapore dell’esasperazione le parole di Mori, ma non quello della resa, perché nonostante tutto vuole continuare a fare questo lavoro, ma nelle condizioni giuste e non vuole lasciare la sua terra nelle fauci di certi predatori.

La soluzione, però, appare lontana, in quanto esiste una legge nazionale che protegge i lupi e di abbattimenti non se ne parla.

«Dopo ogni attacco dei lupi – aggiunge Mori – interviene la Polizia provinciale, si fanno indagini, le istituzioni vengono informate e tutto quanto, ma alla fine l’unica risposta è che (esibendo i resti delle carcasse quando si ritrovano) si può ottenere un indennizzo, ma a me non basta perché io non voglio l’elemosina, voglio che lo Stato protegga chi lavora. Si è fatto tanto negli anni per rendere questo bel territorio accogliente per tutti, ma adesso siamo davvero alla frutta e si sta tornado ad un imbarbarimento, ad una terra di lupi che allontanerà i turisti, gli investitori e gli abitanti».

Servono, dunque, nuovi e radicali provvedimenti a salvaguardia del reddito degli agricoltori, volti al contenimento delle specie che hanno raggiunto una densità sul territorio non più sostenibile. Il lupo è una specie protetta, per cui non può essere cacciato, ma qualche soluzione può e deve essere trovata.

Una alternativa all’abbattimento potrebbe essere quella di catturare i lupi e portarli in zone più isolate, lontano dalle aziende agricole e dai centri abitati rendendo così difficile il raggiungimento delle zone abitate. Ma sicuramente non basta.

Senza parlare di tutti i danni e problemi che arrecano anche gli ungulati, come cinghiali, daini e caprioli. Ormai una vera piaga per la provincia di Siena.

«L’Amministrazione Provinciale – spiega Alessandro Cinughi de Pazzi – si dovrebbe far carico di tenere sotto controllo la fauna selvatica attraverso la pratica della caccia e con gli abbattimenti selezionati. La Provincia non ha fatto tutto quello che era necessario. Solo operazioni che evidentemente non sono state sufficienti».

«Lo diciamo da molto tempo – rincara Cinughi – che il problema esiste, ma ci viene risposto che i danni diminuiscono e non ci sono problemi. Riteniamo invece che solo apparentemente ci sono meno danni, perché in realtà ci sono meno denunce in quanto gli agricoltori si sono stancati di farle».

Le richieste di indennizzi (peraltro insufficienti), sono infatti pratiche burocratiche assai laboriose e quindi costose in termini di tempo e denaro.

«L’Unione – conclude Cinughi – continuerà la sua battaglia nei confronti di Enti e Istituzioni preposti alla gestione di fauna selvatica come ungulati e lupi, che fino ad adesso non hanno ottemperato a quanto richiesto ormai da anni alla nostra organizzazione».