I mercati e le turbolenze valutarie

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L’anno è iniziato all’insegna della instabilità dovuta in parte ad un nuovo stop delle economie mondiali ed in parte ad un nuovo crollo del prezzo del petrolio conseguenza, forse, della stessa contrazione economica.

I Paesi produttori ed i rispettivi Fondi Sovrani si sono quindi trovati di fronte ad una scelta: o sacrificare gli investimenti non strategici o perdere le proprie società petrolifere che soffrono di mancati ricavi a causa del basso prezzo del greggio.
Sono quindi scattate diffuse vendite su tutti i comparti, con le Banche in testa, ovvero le stesse che avevano beneficiato di larga parte degli investimenti del Golfo.

In un momento di debolezza diffusa gli effetti sono stati dirompenti ed a catena su quasi tutti i settori, i Mercati Azionari hanno dimostrato di non potersi difendere da soli e le Autorità Monetarie di non poter intervenire in alcun modo, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti, e le perdite sono dell’ordine del 40 % dopo solo un mese e mezzo dall’inizio dell’anno.
In questo frangente si è pensato poco a cosa facessero intanto le monete perché gli sguardi erano rivolti altrove.

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Alla fine dello scorso anno, la Fed decise di cambiare politica e iniziare a far risalire i tassi puntando sulla crescita economica in atto negli USA, una decisione che non tenne conto della situazione globale che poi, come abbiamo visto, ha finito per coinvolgere anche gli Stati Uniti.
A questo segnale il Giappone rispose in maniera diametralmente opposta, abbassando il costo del denaro mentre la BCE proseguiva il proprio programma di QE, inondando il mercato europeo di fondi.

Naturale per gli operatori iniziare il solito Carry Trade, un prodotto già utilizzato più volte in passato ovvero shortare la divisa a tasso basso comprando quella a tasso alto , comprare dollari da investire a tassi mensili di 0,50 finanziando lo yen al tasso negativo di meno 0,10 creando così valore.
Questo tipo di attività espone però ad un rischio elevato in caso di fluttuazioni inattese, il rischio cambio può portare a perdere molto di più di quanto si incassa agendo sul differenziale dei tassi.

Durante la scorsa notte dopo i comunicati ufficiali che lasciavano intendere che vista la situazione globale ci poteva essere un rallentamento della politica sui tassi americani, il mercato si è girato chiudendo le posizioni aperte sul dollaro yen , appena descritte, vendendo grossi quantitativi di dollari imprimendo al cambio una fluttuazione epocale di ben 10 yen per dollaro, ovvero mandando il cambio da 122 a 112 yen per dollaro, con altre forti perdite per il sistema. Il grosso ridimensionamento del dollaro si è registrato di conseguenza anche sul l’euro che pertanto è passato da 1.12 a più di 1.1350. Ulteriore benzina sul fuoco in un momento già critico per gli investitori di tutto il mondo.

Banca UBAE opera attivamente da oltre 40 anni nel campo del commercio estero sostenendo le aziende internationally oriented sui mercati esteri con finanziamenti dedicati, soprattutto per attività di trade finance, factoring e non solo.

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A cura di Banca UBAE – Direzione Finanza