La senese Vannini tra Caravaggio e il cardinal Borromeo

Non è periodo per parlare di conversioni forse, ma la storia di cui narriamo le vicende merita di essere raccontata perché,tramite il fenomeno della conversione, le storie di due illustri personaggi, il cardinale Borromeo e Michelangelo Merisi da Caravaggio, si intrecciarono con quella della senese Venerabile Caterina Vannini, nell’estate del 1606. Il cardinale Francesco Federico Borromeo, come dice Alessandro Manzoni nei Promessi sposi: «Fu degli uomini rari in qualunque tempo, che abbiano impiegato un ingegno egregio, tutti i mezzi d’una grand’opulenza, tutti i vantaggi d’una condizione privilegiata, un intento continuo, nella ricerca e nell’esercizio del meglio», insomma fu una figura talmente straordinaria che lo scrittore milanese lo inserì all’interno del suo celebre romanzo come una delle chiavi positive e risolutive dell’intreccio.

Manzoni ce lo descrive come un uomo profondamente devoto, colto, un letterato e soprattutto responsabile verso la sua fede, a tal punto da portarlo a bruciare le lettere che si scambiava con una terziaria domenicana senese che era appunto la Vannini. La personalità di Caterina era affascinante, indomabile e dolce allo stesso tempo e la sua storia, quella di una ex prostituta convertitasi in seguito ad una visione, aveva destato attenzione nell’animo del cardinale milanese che intraprese con lei un fitto carteggio, poi bruscamente interrotto a seguito della Controriforma e che pare si concludesse con l’esclamazione di Federico «Benedetti quei chiostri nei cui parlatori i ragni possono stendere tranquillamente le loro tele fra le grate!», seguita dalla pronta replica della donna: «Aspetto in breve di rivederla a questa gratina che ogni ora mi par millanni».

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Caterina morì nel luglio 1606 e in quell’estate un fuggiasco Caravaggio dipinse una Maddalena in estasi molto particolare dietro alla quale, afferma Treffers, «non ci sono dubbi sia celata la figura della Vannini!». Quando dipinge il quadro, il Merisi è in un periodo particolare della sua vita: ha appena ucciso un uomo per questioni legate al cuore, ai debiti o forse a un fallo durante una partita di pallacorda ed è tormentato da un senso di colpa che lo accomuna con la storia della prostituta amata da Gesù, figura che ben si identificava con la Caterina senese che qualche anno prima aveva sconvolto le cronache romane con il suo arresto prima e la sua conversione poi.

Ci sono diverse analogie effettivamente tra la figura della Maddalena del Caravaggio e la Vannini e su queste si è basata l’identificazione della donna del quadro con la terziaria senese: il ventre gonfio, segno distintivo di idroplasia, la patologia di cui Caterina soffriva, e un crocifisso di legno grezzo con la corona di spine che indicherebbe la visione che avrebbe determinato la conversione. Ancora oggi la ragione per cui questo quadro è stato dipinto è avvolta dal mistero: nessuno può stabilire se sia stata la coincidenza delle storie del pittore con quelle di una giovane convertita, come sostiene Treffers, o se il Borromeo abbia commissionato ad un artista che ammirava e che aveva visto lavorare l’ennesima testimonianza di un amore platonico e vissuto all’insegna della fede e di una strada religiosa condivisa, raccontata nella corrispondenza studiata da Sofri e dal Barzanti.

Nelle pagine del loro libro, “Dialoghi di una convertita: vita e lettere della venerabile Caterina Vannini Senese”, si racconta di una descrizione che il cardinale fece della senese nella prima biografia che scrisse e che, preoccupato di averla ritratta troppo “secondo il senso”,lui stesso volle cancellare prima della ristampa; stando alle sue parole «Ella per donna fu di statura grande; e svelta della persona; di membri dilicati, e di color bianco e vivace. Il viso non era grande, e il sembiante fu giovenile ancora nell’età matura; la fronte monda, e i capelli perfettamente negri; le ciglia e gli occhi parimenti neri… Il naso non fu proffilato, ma leggiermente depresso. Ebbe piccola bocca; né le labbra erano sottili, né molto rubiconde. Nelle guance appariva sempre alquanto di rossore; ed alcuni nei sparsi nel viso…». Appariva così Caterina Vannini, i cui resti oggi riposano nell’Oratorio della Contrada della Tartuca in via Tommaso Pendola (a Siena, i musei e gli oratori delle Contrade sono da visitare perché custodiscono patrimonio, storia e arte dal valore nazionale e internazionale), per lo meno vista attraverso gli occhi di chi era riuscito a toccare il suo animo, la sua spiritualità, in una parola il suo cuore e ne era rimasto talmente affascinato da dedicarle una biografia e forse un quadro, dipinto dalle abili mani di uno tra più grandi artisti italiani di sempre. Cosi si affidava ai posteri la sua memoria e mai come in questo caso anche un’ardua sentenza.

Vittoria Guideri