Il museo è il frutto della fusione del Museo Civico e Diocesano d’Arte sacra, con la Collezione del Conservatorio di San Pietro, il monastero di San Pietro e il monastero di Santa Caterina e Maddalena, la Collezione Romano Bilenchi e la Collezione di Walter Fusi
Stamani è stato presentato alla stampa il rinnovato Museo San Pietro di Colle Val d’Elsa, che riapre dopo quasi venti anni di chiusura. Sabato, dalle 11,30, sarà possibile entrarci anche per i visitatori.
Il museo è il frutto della fusione del Museo Civico e Diocesano d’Arte sacra (formatosi dall’unione dei due istituti nel 1995), con la Collezione del Conservatorio di San Pietro, il monastero di San Pietro e il monastero di Santa Caterina e Maddalena, la Collezione Romano Bilenchi e la Collezione di Walter Fusi.
Il percorso espositivo, realizzato su progetto dell’Arcidiocesi di Siena, del Comune di Colle Val d’Elsa e della Fondazione Musei Senesi, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Siena, Grosseto e Arezzo e il contributo di Ales SpA, Regione Toscana e Fondazione Monte dei Paschi di Siena, ripercorre la storia della città attraverso le espressioni d’arte, in un dialogo costante tra religiosità e ambizione civica propria dei comuni medievali, culminata nel 1592 con l’elevazione della Terra di Colle a Città, a seguito dell’istituzione della Diocesi. L’allestimento, scandito sui grandi avvenimenti storici, cerca di cogliere e proporre i momenti in cui il linguaggio artistico diventa espressione della cultura del popolo colligiano e della sua fede.
Posta al confine tra i territori di Siena e Firenze, Colle fu luogo di scontro politico, culminato in battaglie e assedi, ma anche luogo di incontro tra la tradizione artistica senese e quella fiorentina, humus culturale da cui nacque la grande stagione dell’età moderna, culminata nella ristrutturazione urbana e nei cantieri promossi dagli Usimbardi, come il Duomo, il Palazzo Vescovile o le fabbriche del San Pietro e dell’Ospedale di San Lorenzo, per giungere alle esperienze Otto e Novecentesche, magistralmente identificabili nelle opere di Antonio Salvetti o nel tormento artistico di Walter Fusi.
Particolare importanza acquista la sezione dedicata alla Collezione di Romano Bilenchi, che propone una selezione scelta della ricca biblioteca dello scrittore colligiano donata al Comune di Colle di Val d’Elsa, nel contesto in cui si trovava: le opere di Ottone Rosai, Moses Levy e Mino Maccari raccontano la formazione di Romano Bilenchi, arricchendo il quadro fornito dalle sue opere letterarie, specificandone la personalità.
Tutta questa vicenda è raccontata nelle sale del museo e nella città, in un percorso integrato che, partendo dal San Pietro, porta ideale della città, si svolge per le vie ed i vicoli del Borgo di Santa Caterina e del Castello, per terminare al Museo Archeologico “Ranuccio Bianchi Bandinelli”, che, a breve, riaprirà le porte con nuovo allestimento.
Per la prima volta la proposta di Colle Alta Musei disvela le particolarità colligiane, permettendo al visitatore di leggere lo sviluppo della Città e della Diocesi di Colle in rapporto alle opere d’arte ed alle modifiche del tessuto urbano, con un dialogo continuo tra musei e centro storico, anche grazie al supporto della specifica audioguida.
La gestione del museo e l’organizzazione è affidata Civita – Opera.
L’assessore alla Cultura di Colle Val d’Elsa, Anna Maria Cotoloni, si è detta emozionata: «Dopo un percorso lungo e complesso consegniamo il Museo alla comunità. Per me deve essere vivo e spero che diventi un centro di aggregazione».
Don Andrea Bechi, responsabile dei beni culturali per l’Arcidiocesi di Siena, ha sottolineato l’importanza culturale e storica della riapertura del San Pietro per la comunità colligiana: uesto museo è stato impostato per farne un luogo che parli del territorio e della sua storia. In questo luogo c’è un’identità forte e pregnante. La storia della fede e i suoi cambiamenti nel tempo fanno parte di questo contesto».
Il vicesindaco di Colle Lodovico Andreucci ha ringraziato le precedenti amministrazioni comunali: «La loro scelta di raccogliere tante “gocce di storia” in questo luogo è stata coraggiosa».
Elisa Bruttini, direttore scientifico della Fondazione Musei Senesi, ha concluso ricordando come si sia arrivati alla conclusione dei lavori: «Abbiamo avuto la fortuna di intercettare un bando di quello che ora è Ales. E’ stata creata una task force proprio per questo».