Via della Galluzza: una strada per i tintori

La denominazione di via della Galluzza potrebbe derivare dalla “galla” o “gallozza” usata tanto dai tintori quanto dai conciatori.

Via della Galluzza unisce via di Diacceto con via Santa Caterina. Via della Galluzza è senza dubbio una delle strade più caratteristiche di Siena, sia per la sua notevole pendenza, lo stradario del 1789 la chiama significativamente “costa ripida di Diacceto o via della Galluzza“, sia per la serie di archi che la contraddistinguono nella parte alta compresa tra il vicolo stesso e via di Diacceto. Tale soluzione architettonica, però, è tutt’altro che medievale: nella pianta del Vanni gli archetti non ci sono, o meglio c’è solo quello ad angolo con il vicolo di Costaccino, che per dimensioni e struttura dal disegno sembra più il fornice di una porta, ad oggi sconosciuta, che un semplice arco.

Tutti gli altri archi furono aggiunti ai primi dell’Ottocento per sostenere i pericolanti fabbricati posti ai lati della via, danneggiati in maniera pesante dal pauroso terremoto del 1798. L’etimologia di via della Galluzza è sempre stata posta in relazione alla presenza del mercato di pollame che si teneva tra la Costarella, Beccheria e, appunto, questa strada. Secondo alcuni autori del passato, la stessa porta Salaria si sarebbe anche chiamata di Gallaia o Gallinaia proprio perché dava accesso al luogo in cui si vendevano i gallinacei. Antonio Pecci, ad esempio, afferma si denominasse “Gallinaja perché innanzi e fuori di quella [porta] si faceva il mercato di simili derrate“.

Effettivamente la compagnia di porta Salaria aveva per insegna due archi sormontati da un gallo bianco in campo rosso e secondo la tradizione nel Cinquecento avrebbe partecipato direttamente alle feste pubbliche sul Campo organizzando una propria contrada, detta appunto del “Gallo“, che ancora oggi sfila dietro il carroccio, durante il Corteo Storico che precede la corsa del Palio, tra le sei contrade non più esistenti.
Il reticolo di vie che scende in Fontebranda era, tuttavia, nel Medioevo, il regno dell’Arte della Lana che in queste strade aveva botteghe, cellieri, tiratoi, botteghe di cardatori e di tessitori. Più giù, intorno alla fonte, sorgevano le conce e le altre strutture dei cuoiai. Una presenza così numerosa di opifici e fondachi segnò inevitabilmente la toponomastica della zona dando vita a strade come il vicolo della Macina o il vicolo del Tiratoio chiamato anche, non a caso, Strada delle Tira.
In questo contesto, forse, può essere letta più correttamente anche l’etimologia di Via della Galluzza. Per lo stesso percorso logico, via della Galluzza potrebbe prendere il suo nome dalla “galla” o “gallozza”, usata tanto dai tintori quanto dai conciatori. La “galla” è, in realtà, un rigonfiamento che si forma sulla corteccia degli alberi (querce, cerri, faggi…) a causa di un insetto che depone delle larve al suo interno. L’acido tannico e gallico contenuto nella galla sono ampiamente utilizzati fin dal medioevo (ma le proprietà della galla erano note anche ai romani) nell’industria tintoria, nella concia delle pelli e anche per fare l’inchiostro.

Maura Martellucci

Roberto Cresti