Il Chianti baluardo contro la crisi economica

E’ quanto emerso dal seminario di mercoledì scorso “Terre di Toscana: come sta e dove va il Chianti”, organizzato da ChiantiBanca.

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Il Chianti regge alla crisi meglio del resto della Toscana, grazie soprattutto al turismo. E’ quello che è emerso dal seminario di mercoledì 21 “Terre di Toscana: come sta e dove va il Chianti”, organizzato da ChiantiBanca a San Donato. La situazione generale di quel territorio racchiuso tra Siena e Firenze è stato analizzata da: Ferdinando Berti (presidente associazione “Capanna Europa”), Bianca Maria Martelli (già direttrice Istat Toscana e Umbria), Alessandro Valentini (direttore Istat Centro Italia), Sabina Giampaolo (Istat Toscana), Tommaso Rondinella (Istat Toscana), Riccardo Perugi (responsabile Ufficio Studio Unioncamere), Maria Pia Maraghini (docente dell’Università degli Studi di Siena), Nicoletta Matteuzzi (coordinatrice Musei del Chianti e del Valdarno) e Stefano Casini Benvenuti, direttore Irpet.

I dati dell’Istituto regionale per la programmazione economica della Toscana, le zone centrali della regione hanno perso meno, nel periodo 2008-2014 rispetto a quelle costiere e a quelle montane. Il Chianti, per il direttore Irpet Casini Benvenuti, avrebbe retto grazie soprattutto a un saldo commerciale largamente positivo e a una forte attrattività turistica.

Secondo i dati di Unioncamere sulla nati-mortalità imprenditoriale l’area del Chianti, ha perso aziende nell’ultimo triennio (- 0,2% nel 2013, -0,2% nel 2014, -0,3% nel 2015). L’ultimo dato annuale positivo risale dunque al 2012 (+0,5%), spinto soprattutto dai comuni di Bagno a Ripoli e di Monteriggioni, ovvero quelli che risentono positivamente della vicinanza con Firenze e Siena. La variazione 2011- 2015 è del – 2,1% nell’agricoltura e del + 6,5% nel turismo. Questi numeri sono frutto anche di un concentramento aziendale nel primo settore. Il crollo più forte della natalità aziendale è nell’edilizia, dove si registra un -5,9%. Sempre secondo Unioncamere crescono le società di capitali, mentre regrediscono imprese individuali e società di persone.

L’Istat ha analizzato, invece, i livelli di istruzione della zona Chianti. La percentuale di giovani di 30-34 anni in possesso di un titolo universitario oscilla tra il 13,8% di Gaiole in Chianti e il 25,5% di Impruneta a fronte della media Toscana del 24%. La situazione è relativamente migliore con riferimento alla popolazione adulta (25-64 anni) in possesso di diploma o laurea, la cui incidenza oscilla tra il 52,3% di Gaiole in Chianti e il 59,6% di Impruneta a fronte della media toscana del 56,4%. Fanno eccezione Castelnuovo Berardenga e Bagno a Ripoli che presentano livelli di istruzione decisamente superiori alla media regionale (31% e 63% rispettivamente per i due indicatori)”.

Per quanto riguarda la presenza di stranieri sul territorio il comune che ne ha di più, in percentuale, è quello di Gaiole in Chianti, seguito da Castellina e Radda.

Lorenzo Bini Smaghi

Lorenzo Bini Smaghi

Il presidente di ChiantiBanca Lorenzo Bini Smaghi, che ha introdotto i lavori, ha voluto ricordare il fortissimo legame che lega l’istituto che presiede e il territorio: «In questo territorio abbiamo le nostre radici, ma ci stiamo espandendo (Prato, Pistoia, Arezzo, Pisa, Livorno) con l’ambizione diventare sempre più una banca ragionale, punto di riferimento di tutta la Toscana».

«Dobbiamo ringraziare – ha sottolineato Bini Smaghi – chi ha fatto scelte importanti e lungimiranti nel passato, e mi riferisco alla fusione fra la banca di San Casciano e quella di Monteriggioni che ha portato alle successive scelte aggregative: senza quel tipo di decisione, ancora oggi avremmo tante piccole entità che non avrebbero potuto mai porsi con la stessa ambizione che ha oggi ChiantiBanca».

«In Toscana – ha concluso Bini Smaghi – c’è domanda di una “buona banca”, che sia vicina al territorio – e quindi in primis a soci e clienti – erogando servizi anche di tipo non bancario (guardando a noi penso ad esempio a ChiantiMutua). Vogliamo essere vicini a tutte le realtà dei territori in cui operiamo, convinti che espandersi – secondo il principio della diversificazione – significa esser ancor più d’aiuto anche al territorio dove siamo nati e cresciuti. Più ci espandiamo e meno limiti abbiamo».