Palio: la rincorsa non è un tabù

La prima prova del Palio è stata teatro di un evento straordinario: alla mia contrada è stato di fatto impedito di partecipare alla corsa. Infatti, la cavalla si è a lungo, e tenacemente, difesa dall’entrare di rincorsa.
Da questo quotidiano online e sulle pagine di qualche giornale locale, da tempi non sospetti, vado sostenendo che la rincorsa deve essere finalmente regolamentata. Si badi bene: non abolita; solo regolamentata, nel caso in cui da parte il fantino (o la Contrada che egli rappresenta) ne abusano.
In questo caso, fantino e Contrada non hanno colpe. Semmai la colpa ricade su chi (purtroppo sono in tanti, cosa che impedisce di individuare un preciso responsabile) ha lasciato filtrare un soggetto problematico tra le maglie di visite e prove di addestramento.
Ci ha pensato il Destino (notoriamente cinico e baro) a mettere sotto gli occhi di tutti un caso che potremmo definire di scuola.

 

prima prova
La soluzione escogitata dal Sindaco con l’avallo (ahimè, dei Capitani) è stata di lasciar fuori dai canapi il Nicchio; tralasciando, tra l’altro, di abbassare tempestivamente il secondo canapo, ormai inutile e aggiungendo così al danno anche la beffa.
Leggo che il Sindaco ha dichiarato che la decisione è stata presa nel rispetto del Regolamento. Non capisco, ma mi adeguo.
Eppure, la soluzione, nel pieno rispetto del Regolamento era assai più semplice: annullare la facoltà (sottolineo: la facoltà, non l’obbligo) tradizionalmente concessa (e mai prevista dal Regolamento) alla decima Contrada nell’ordine di mossa di entrare di rincorsa, facendola partire dal decimo posto allineata con le altre nove; come si è fatto per secoli, e come ancora il Regolamento disporrebbe.
Se poi la cavalla si fosse comunque rifiutata di entrare al passo, (ma stamane, chiamata per prima, è entrata, pur dopo qualche esitazione), sarebbe bastato consentire al fantino di smontare, condurre l’animale a mano dentro i canapi, da dandogli il tempo di rimontare e prendere posto.
Ha vinto il conformismo imperante, secondo la massima del ‘quieta non movere, mota non quietare’, tanto cara a certi nostri politici, insieme al consociativismo del condividere (leggi: scaricare) le proprie responsabilità su terzi consenzienti.
So bene che questa faccenda dei limiti alla rincorsa suscita perplessità; e soprattutto urta molti interessi: da quelli dei Dirigenti, che vedrebbero ridotta una loro supposta libertà di azione, a quella dei fantini che correrebbero il rischio di perdere succulente ricompense.
E’ comprensibile, anche se non giustificabile da chi, oltre che la propria Contrada, ama la dignità della Festa. Non è comprensibile, invece, l’inerzia dell’Amministrazione comunale che tale dignità ha il compito di tutelare: lei, unica e sola, anche a costo di suscitare mugugni o opposizioni senza capo né coda.
Per fortuna, la Beata Vergine protegge Siena e il Palio che si corre in suo onore.
A proposito: cosa sarebbe successo se invece del 29 giugno, la vicenda fosse capitata il 2 luglio?

Paolo Neri