La dottoressa Vittoria Doretti, appena inserita tra le cento donne più potenti del mondo, ci racconta l’esperienza del Codice rosa, un protocollo a tutela delle vittime di violenza
Il Corriere della Sera le definisce così: pioniere, creative, influencer, rivoluzionarie, resilienti, anticonformiste. Sono le 100 donne più influenti del 2016 secondo il quotidiano milanese. Fra queste c’è anche la senese Vittoria Doretti, la dottoressa che ha creato il Codice rosa. Questo protocollo è un percorso di accesso al pronto soccorso riservato a tutte le vittime di violenze, nato in via sperimentale a Grosseto e poi applicato in tutta la Toscana. Tramite il Codice rosa viene dato sostegno alla vittima, vengono avviate le procedure di indagine per individuare l’autore della violenza e se necessario attivate le strutture territoriali.
Il Corriere della Sera, inserendo la Doretti nella lista delle 100 donne del 2016, ha voluto sottolineare come, grazie al suo protocollo, possa essere risparmiata alla vittima di una violenza la sofferenza di dover raccontare l’abuso subito varie volte a persone diverse. La dottoressa senese ci ha raccontato la sorpresa e l’emozione di essersi ritrovata accanto a personaggi del calibro di Angela Merkel, Bebe Vio ed Elisabetta II.
Se lo aspettava di ritrovarsi nella lista del Corriere della Sera?
«Assolutamente no, anche se il giornale si è sempre interessato al Codice rosa fin dalla sua nascita, grazie al blog “La27aora”. Il libro del 2013 “Questo non è amore”, scritto dalle autrici del blog, contiene una nostra testimonianza. Ma questa della lista è stata una cosa così, improvvisa. Mi è arrivata una mail solo il giorno della pubblicazione. Devo dire che essere lì mi fa molto piacere. Dietro alla mia foto nella lista ci sono i visi di tutti gli operatori, gli infermieri, gli assistenti sociali, gli agenti delle forze dell’ordine e di tutti quelli che collaborano a questo protocollo. Il Codice rosa non è una persona sola».
Come e quando nasce il Codice rosa?
«Nasce nel 2009, quando ero anestesista responsabile al dipartimento Materno e infantile dell’ospedale di Grosseto. Come Asl avevamo pochi dati riguardanti le violenze sulle donne, tipo due segnalazioni in tre anni. Invece i numeri in mano alla Procura della Repubblica e ai Centri anti-violenza erano molti di più. A quel punto abbiamo stabilito un percorso inter-istituzionale per creare delle procedure operative per lavorare tutti insieme. Nasce tutto dalla domanda su come poter fare al meglio il proprio dovere.
La notte di Capodanno del 2010 c’è stato il primo caso che abbiamo iniziato a seguire con quella nuova modalità. A Grosseto nel primo anno di Codice rosa ne abbiamo avuti 300. Più che procedevamo con la formazione delle professionalità coinvolte in queste procedure, compresi amministrativi e farmacisti, più che vedevamo crescere le segnalazioni. L’obiettivo che abbiamo perseguito e che perseguiamo ancora è quello di avere sempre più persone sul territorio formate su quelli che sono i servizi di Codice rosa».
Nel suo percorso di formazione c’è anche lo studio della criminologia. Secondo lei quali possono essere alcune caratteristiche comuni fra gli autori di violenze? E fra le vittime?
«Ci possono essere, ma quello che è importante sottolineare è un altro aspetto. La violenza è molto subdola, non esiste un profilo psicopatologico preciso di chi la attua. Quello che posso consigliare è di non accettare mai un rapporto violento, anche quando scaturisce in situazioni inaspettate. Non è amore se c’è violenza. Se una relazione di coppia inizia a degenerare in quel senso bisogna cercare immediatamente aiuto, anche in due. Discorso a parte sono quelle violenze che riguardano la pedopornografia, la schiavitù, lo stupro etnico, ecc.».
Chi denuncia più violenze, donne italiane o straniere?
«Italiane. Comunque su alcune donne che provengono da certe comunità non abbiamo proprio dati, sintomo che non c’è un accesso al Codice rosa».
Com’è per una senese lavorare a Grosseto?
«E’ dal ’95 che mi sono trasferita a Grosseto. Ora che siamo diventati tutti Asl Toscana sud est giro tra la città maremmana, Arezzo e Siena. In qualche modo sono rientrata a casa!»
Emilio Mariotti