Come affrontare il dolore e le drammatiche conseguenze del terremoto

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Leggendo le cronache di questi giorni, non possiamo che provare dolore, paura, arrabbiarci e commuoverci. Si piange quando si grida all’ingiustizia, sosteneva Italo Svevo. Scenari da post conflitto bellico scorrono sui siti, documentando le drammatiche conseguenze del sisma che la settimana scorsa ha colpito il centro Italia. Le scuole, le chiese, case e gli ospedali crollati, hanno strappato alla vita uomini e donne, anziani e bambini, lasciando nella mente di chi ha vissuto quei momenti, tanta rabbia e dolore. La scienza sostiene che l’essere umano sia collaudato per superare eventi dolorosi subiti o avvenimenti terrificanti ai quali può assistere. Questi fatti, la cui natura e identità sfugge al calcolo o a una sua precisa valutazione, rientrano infatti nell’imponderabile che, in quanto tale, non possiamo tenere sotto controllo. Affrontare e superare queste situazioni aumenta talvolta la nostra resilienza, cioè la nostra capacità di assorbire un urto senza romperci, determinando in alcuni casi un momento di crescita personale.

In altri casi invece, l’urto è talmente forte che, non solo nelle mura della casa ma, in chi sopravvive, crea metaforicamente una crepa nella mente a tal punto da rendere la vita una tortura, diventando i pensieri carnefici di chi li pensa: da qui le paure, le angosce, i sensi di colpa alla sola rievocazione dell’evento che l’ha scatenati. Fobie, attacchi di panico, eventi depressivi e ossessioni possono diventare le evidenti manifestazioni cliniche di un sottostante disturbo, noto con il nome di disturbo post traumatico. Quali caratteristiche ha questo invalidante problema della mente? Può sorgere a seguito dell’esposizione ad un evento che comporta la morte, lesioni o altri tipi di minacce alla propria e altrui integrità fisica.

Gli eventi traumatici possono essere diversi, come ad esempio, i combattimenti militari, le aggressioni personali, le torture, i rapimenti, i gravi incidenti e, giustappunto, i disastri naturali. Il trauma in oggetto viene continuamente rivissuto e gli stimoli ad esso associati generalmente evitati. Molto frequentemente, in questi casi, si verificano ricordi ricorrenti e intrusivi, incubi notturni, flashbacks diurni che possono portare la persona a veri e propri stati dissociativi, durante i quali il soggetto si comporta come se stesse rivivendo l’evento stesso. Da un punto di vista strategico, proprio del modello di psicoterapia breve elaborato dall’esperienza decennale di Giorgio Nardone e dai suoi collaboratori presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo, ciò che in realtà determina la formazione e la persistenza di un disturbo psicologico, non è l’evento originario in sé, cioè la sua causa, quanto piuttosto, la reiterazione nel tempo di tutti gli atteggiamenti e i comportamenti che il soggetto e il suo contesto assume e mette in atto per cercare, con le migliori intenzioni, di affrontare e risolvere il problema stesso. Stiamo parlando delle così dette “tentate soluzioni fallimentari”. Nel caso dei disturbi post traumatici infatti, non è la causa originaria in sé a scatenare la sintomatologia, ma le reazioni che il soggetto mette in atto a seguito dell’evento stesso.

Queste modalità di reazione possono essere sia spontanee che razionalmente determinate. Considerando che pensare di non pensare equivale a pensare ancora di più, vissuto l’evento traumatico, più la persona si sforzerà di cancellare il ricordo, più lo amplificherà e lo renderà vivido, aumentando nel presente il dolore vissuto, la rabbia, la paura, la depressione e il senso di impotenza. Oltre a cercare di non pensare, le persone possono mettere in atto altre tentate soluzioni fallimentari, come l’evitamento dei luoghi e delle situazioni ritenute a rischio e la ricerca di rassicurazioni, oltre al continuo lamentarsi. In questi casi, sebbene inizialmente si possa sperimentare una sorta di allentamento della tensione, il soggetto confermerà a se stesso la propria impotenza e la propria incapacità a reagire, peggiorando dunque la propria situazione anziché migliorarla.

Obiettivo dell’intervento strategico breve è, attraverso l’utilizzo di protocolli creati ad hoc per i disturbi post traumatici, riguardo ai quali è stata osservata un’efficacia pari al 95% con lo sblocco del disturbo entro le 7 sedute, risanare la crepa che si è creata nella mente. Questo avviene lavorando proprio sulle tentate soluzioni disfunzionali descritte, al fine di invertire il circolo vizioso creatosi, in circolo virtuoso. Non si tratta di cancellare il passato, ma di aiutare la persona a sbloccare le risorse di cui è naturalmente dotata e che il trauma ha temporaneamente paralizzato. In altre parole, l’obiettivo è portare il passato nel passato, permettendo alla persona di ripartire nel presente e costruire il futuro. Karl Popper suggeriva: “Il futuro è molto aperto, e dipende da noi, da noi tutti. Dipende da ciò che voi e io e molti altri uomini fanno e faranno, oggi, domani e dopodomani. E quello che noi facciamo e faremo dipende a sua volta dal nostro pensiero e dai nostri desideri, dalle nostre speranze e dai nostri timori. Dipende da come vediamo il mondo e da come valutiamo le possibilità del futuro che sono aperte”.

Dott. Jacopo Grisolaghi
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo e Dottore di Ricerca in Psicologia Psicoterapeuta Ufficiale del Centro di Terapia Strategica