Vincenzo Medici Bologna, Patologia generale

Vincenzo Medici Bologna, Patologia generale, Siena, Il Leccio, 2016

Ci sono distanze che solamente per abitudine e per comodità misuriamo in chilometri o in ore. Ad esempio, quanto dista Siena da Milano? Poco più di 370 km, che in automobile richiedono un po’ meno di quattro ore, tenendo una velocità media intorno ai 100 km orari. Eppure, specie nell’Italia degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, la distanza tra la città del Palio e il capoluogo lombardo – e la stessa cosa può dirsi per altre realtà urbane del nostro Paese – è una distanza infinitamente maggiore, se guardiamo sia all’assetto sociale (coi suoi fermenti e le sue spinte rivoluzionarie) sia al riflesso che vi è possibile cogliere degli avvenimenti storici nazionali.

Da una parte, infatti, abbiamo Siena, città eminentemente conservatrice, a prescindere dal segno tracciato dai suoi cittadini sulla scheda deposta dentro l’urna elettorale; dall’altra, abbiamo Milano, città dove spirarono forti i venti della contestazione, legati prima al movimento del Sessantotto, poi al movimento del Settantasette. Ed è proprio sull’asse Siena-Milano che si snoda la vicenda raccontata in “Patologia generale”, romanzo d’esordio di Vincenzo Medici Bologna, originario della Lombardia ma cresciuto a San Casciano dei Bagni.

Storia di amore e di amicizia, storia che fonde egregiamente dimensione privata e dimensione pubblica dell’esistenza, ricordandoci che in entrambi gli ambiti la pienezza è inattingibile dall’uomo – qualcosa manca, manca sempre, alla nostra felicità – “Patologia generale” può essere letto anche come un romanzo di formazione (quella del protagonista), che delinea un percorso di crescita la cui realizzazione passa attraverso l’attraversamento del male, del male storico e del male morale, alla vigilia de cosiddetti anni di piombo. Il passo che segue, tratto dal terzo capitolo, è una delle tante fotografie senesi che incontriamo nel libro.

“Eccomi dunque a Siena, la piccola città universitaria, che tutto cinge tra le sue mura, gelosa, orgogliosa, altezzosa e provinciale, le tradizioni secolari del Palio, la banca più antica d’Italia, i tesori dell’arte medioevale, gli sudi professionali di notai, avvocati e medici tramandati da generazioni di padre in figlio, stesse abitudini, stessi clienti, figli di clienti, stessi loden, stesse borse di pelle, stesso passo curiale, su e giù per Banchi si Sopra e di Sotto, che in qualsiasi altra città sarebbe il Corso, ma qui tutto deve marcare la propria altera alterità, senesità la chiamano. Su e giù per quel corso fluivano quotidianamente correnti di persone tanto estranee tra loro, quanto pacifiche e inoffensive l’ina per l’altra, professionisti, docenti universitari, artigiani, impiegati, studenti, commercianti. Osservando quel transito sempre uguale nessuno avrebbe detto che in quegli stessi momenti, in altre parti del paese, nelle grandi città del Nord e nella Capitale, si è accesa nella società una guerra, dichiarata da una parte sola, una guerra carsica, vigliacca, spietata e sanguinosa che si stenta a riconoscere e a decifrare. Qui invece siamo a Siena, le istanze sociali che altrove stanno deflagrando sono attutite, accolte, governate e nulla può succedere tranne quello che succede da sempre, il massimo della violenza è qualche cazzotto tra contradaioli nei giorni del Palio”.

Vincenzo Medici Bologna, Patologia generale, Siena, Il Leccio, 2016

Vincenzo Medici Bologna, Patologia generale, Siena, Il Leccio, 2016

 

a cura di Francesco Ricci

foto di Francesco Laezza