La solitudine dentro

Quando si parla di depressione è importante distinguere un termine più generico che si riferisce ad un’esperienza affettiva che può limitarsi ad uno stato d’animo di tristezza anche momentaneo, da una vera e propria sindrome depressiva. Questa è una condizione psicopatologica caratterizzata da sintomi ben precisi.

La condizione depressiva si descrive dunque come uno stato di sofferenza soggettiva che rimanda a specifiche modalità di funzionamento psichico in cui troviamo sintomi emotivi-affettivi (umore depresso, perdita di interesse, sentimenti di impotenza e disperazione, colpa, vergogna, indegnità, inferiorità), sintomi cognitivi (pensieri a contenuto negativo su di sé, visione negativa del mondo e della vita, aspettative negative sul futuro, idee suicidarie), rallentamento psicomotorio, sintomi neurovegetativi (insonnia, diminuzione dell’appetito) e fisici.

La depressione diventa malattia quando occupa in modo pervasivo la vita dell’individuo, determinando importanti alterazioni a livello relazionale, lavorativo e sociale.
Non sempre troviamo tratti ben precisi; ci sono circostanze in cui l’aspetto depressivo si esprime attraverso il corpo con somatizzazioni di vario genere, prevalgono quindi sintomi somatici; talvolta, invece, è un ricorrente stato di agitazione a mascherare un sottostante assetto depressivo.

Che cosa accade se ad essere depressi sono il padre e/o la madre di un bambino piccolo?
I primi tre anni di vita sono un periodo molto importante e delicato per lo sviluppo del bambino e le condizioni emotive dei genitori sono fondamentali per la sua crescita.

Sono stati condotti numerosi studi sul tipo di attaccamento che il bambino ha con la figura di riferimento e sulle conseguenze che questo ha nella sua vita adulta; è stata provata l’importanza del fornire una base sicura da cui un piccolo o un adolescente possa partire per affacciarsi nel mondo e a cui possa ritornare sapendo che sarà nutrito sul piano fisico ed emotivo. Si parlerà in questo caso di attaccamento sicuro attraverso il quale i bambini hanno potuto mantenere un buon contatto con la madre e con il padre.
Quando il genitore soffre di depressione può in questo caso non mantenere un giusto contatto visivo con il figlio che viene “abbandonato”, lasciato solo psicologicamente ed emotivamente, in balìa delle proprie ansie e preoccupazioni, la figura di riferimento non riesce ad empatizzare rispetto ai bisogni del piccolo, avrà un atteggiamento più critico ed intrusivo; più distanti sono i genitori, più difficile sarà, per i figli, sviluppare un attaccamento sicuro ed esperire emozioni sane.

Un bambino piccolo tende a vedere i propri genitori sempre positivamente, quindi, quando questi lo trattano con distacco, sarà portato ad attribuire a se stesso la colpa di questa esclusione e cercherà un riavvicinamento sforzandosi di essere buono e di ubbidire.
Quindi, quando la madre o il padre sono depressi si verrà a creare quella situazione che viene definita come reciprocità invertita; al bambino verrà richiesto, implicitamente o talvolta esplicitamente, di fare da figura di attaccamento al proprio genitore. Il senso di responsabilità, a volte di colpa, per non riuscire a sollevare moralmente il genitore e il tempo che per questo scopo viene sottratto ai giochi può portare ad un isolamento sempre più evidente. In questo caso la strutturazione di un senso di perdita e di solitudine appare strettamente connessa al senso della propria inadeguatezza e scarsa amabilità. Sarà portato, per questo, a contare solo su se stesso e la sua attenzione si concentrerà sull’adempimento ad una lunga serie di rigidi doveri sociali, scolastici o morali.
La qualità e l’intensità delle sensazioni che l’assenza emotiva può innescare, influenzano profondamente i modelli di percezione e riconoscimento di se’; la percezione della propria individualità e unicità è quella di una persona poco amabile, incapace di suscitare attenzione e interesse negli altri, e di mantenere un rapporto sicuro con le figure di riferimento. Si avranno sentimenti di tristezza e disperazione accompagnati a momenti di rabbia, assisteremo infatti ad atteggiamenti provocatori e scoppi di aggressività frammisti ad atteggiamenti supplichevoli volti a ristabilire un contatto.

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Negli ultimi anni, oltre il rapporto tra madre e figlio nei primi anni di vita, della loro interazione e di quello che succede se questa viene a mancare o non è sufficientemente adeguata per uno sviluppo sano, è stata rivalutata l’importanza del ruolo paterno. Il padre è tenuto in forte considerazione sia come possibile figura sostitutiva con cui si può stabilire un attaccamento analogo alla madre, sia come figura di supporto alla donna. Generalmente la madre stimola la ricerca di regolarità e di accudimento-protezione, il padre stimola maggiormente, fin dai primi mesi di vita, un comportamento di motilità e gioco e qualora fosse il padre ad essere depresso troveremo nel bambino maggiori difficoltà di socializzazione e di relazione, mentre come abbiamo visto precedentemente con una madre depressa il figlio viene colpito soprattutto nella sua componente emotivo-affettiva. Da quanto detto risulta fondamentale l’intervento tempestivo per aiutare il genitore o la coppia genitoriale in modo che si possa ristabilire una relazione sana con il bambino, con il compagno e soprattutto con se stessi.

Dott.ssa Monica Perozzi
medico chirurgo – psicoterapeuta