Sui media nazionali sentiamo parlare spesso delle difficoltà quotidiane affrontate dai precari del mondo del lavoro. Anche di quelli che operano nella Sanità. Abbiamo meno notizie, invece, di chi sta nel mezzo, in quello spazio tra la precarietà assoluta e lo status di dipendente. C’è, per esempio, la figura del medico convenzionato a tempo indeterminato. La dottoressa Lucia Luciano lavora per il 118 ed è segretaria dell’associazione Convemed, che sta cercando di portare all’attenzione dell’opinione pubblica il caso dei convenzionati. L’abbiamo intervistata per saperne di più e per capire quali possano essere le disuguaglianze tra un medico convenzionato e un medico dipendente.
La Convemed denuncia la disparità di diritti fra i medici convenzionati e quelli dipendenti. Potrebbe spiegarci dove sono le differenze?
«Il sistema 118 si avvale della collaborazione di medici contrattualizzati in tre modalità. Ci sono i medici dipendenti del Sistema Sanitario Nazionale, quelli convenzionati a tempo indeterminato e quelli convenzionati a tempo determinato. Noi convenzionati a tempo indeterminato un mese fa abbiamo deciso di riunirci in un’associazione, nata il 13 aprile. Mentre c’è molta attenzione mediatica nei confronti dei precari, noi che apparteniamo a una fascia intermedia, né lavoratori temporanei né fissi, veniamo lasciati nel limbo. La Regione Toscana nel 2008 ha fatto una sanatoria per stabilizzarci e renderci medici a tempo indeterminato, promettendoci che sarebbe stato un passo nel percorso per diventare dipendenti. Cosa che non è avvenuta. Rispetto ai dipendenti abbiamo gli stessi doveri, nel senso che rispondiamo all’Azienda per quanto riguarda gli orari e le mansioni, ma non abbiamo gli stessi diritti, quali il TFR, la possibilità della 104
(permessi per assistere un parente disabile, ndr), non abbiamo la “paternità” e la “maternità”, abbiamo un numero inferiore di giorni di ferie e non dobbiamo rispettare la nuova legge sui turni massacranti. Oltre a questo non possiamo fare carriera e non possiamo partecipare alla divisione dei premi obiettivo dell’azienda, pur lavorando insieme ai colleghi per ottenerli. Ci siamo resi conto che, in questa fase di stallo, avevamo bisogno di dare una spinta forte. Siamo partiti qui da Siena in cinque e abbiamo provato a contarci in tutta Italia».
Come mai quest’associazione è nata proprio nella nostra città? C’è un particolare disagio?
«No, forse è nata qui perché noi convenzionati a tempo indeterminato di Siena siamo più attivi. Anche in Calabria e in Sicilia sono sempre stati molto dinamici, solo non si erano mai uniti in gruppo. Ora stanno nascendo alcune manifestazioni davanti ai palazzi delle Regioni, per esempio quelle del 24 maggio in Calabria e nelle Marche. Abbiamo contatti in Sicilia, Calabria, Puglia, Marche, Abruzzo, Toscana, Umbria, Piemonte, Valle d’Aosta e parzialmente anche in Liguria. Non pensavamo di riscontrare così tanto successo con questa rete, in fondo è nato tutto con un messaggio su Whatsapp».
A Siena quanti convenzionati a tempo indeterminato ci sono? In Toscana?
«Dovremmo essere 27-28 a Siena e 160-180 in Toscana. In Italia orientativamente siamo tra i 1000 e i 1500. Questi dati li abbiamo passati all’onorevole Gelli che si è interessato alla nostra situazione. Dei 1000-15oo non sappiamo in quanti vogliano diventare dipendenti. C’è la paura, soprattutto in certe regioni, per chi lavora anche in un ambulatorio privato di perdere questa possibilità. Chi ha questo timore non conosce la realtà».
Oggi (mercoledì 3 maggio, giorno dell’intervista, ndr) al Santa Maria alle Scotte c’è la mobilitazione dei sindacati confederali. Voi aderite?
«Noi non partecipiamo come 118 o come associazione a questa giornata di protesta. Anche perché il nostro obiettivo in questo momento è il passaggio alla dipendenza. Il discorso sul precariato lo lasciamo ai sindacati. Speriamo in un loro appoggio per le nostre iniziative. Oggi (3 maggio, ndr) abbiamo pubblicato sul nostro sito il comunicato di Anaao, il sindacato dei dirigenti medici, in cui viene riconosciuta la nostra associazione e la nostra azione».
Emilio Mariotti