Il Palio alla romana per la riapertura al culto della basilica di San Francesco

Il 19 agosto 1894 i festeggiamenti per la riapertura al culto della basilica di San Francesco giunsero al culmine. La chiesa era stata chiusa a lungo a causa di operazioni di restauro che si erano rese necessarie per sanare i danni di secoli di incuria (oddio: visto il modo in cui l’edificio fu, almeno in parte, reinventato, c’è da chiedersi chi abbia fatto i danni maggiori, ma questa è un’altra storia…). Si diceva: fu riaperta al culto San Francesco e l’evento fu celebrato il 19 agosto di quell’anno con un palio straordinario alla Romana (cioè con tre batterie e una finale fra le vincitrici di ciascuna batteria). La prima batteria mandò alla corsa finale l’Oca, la seconda la Lupa, la terza il Bruco. Nella corsa decisiva fu l’Oca a tenere la testa fino a prima del terzo San Martino quando passò in testa la Lupa che cadde, però, nella curva di San Martino. L’Oca riaffiancò lo scosso poco prima del bandierino, cercando di tenerlo indietro a nerbate. Il che consentì al Bruco di richiappare le altre due. L’arrivo fu da fotofinish (che peraltro all’epoca non esisteva) e tutt’e tre le contrade pretesero di aver vinto e fu solo dopo lunga discussione fra i giudici che fu stilato l’ordine di arrivo: Bruco, Oca Lupa. Ne venne fuori un casino tale che i carabinieri a cavallo dovettero per ben due volte caricare la folla dei tumultuanti che si era assembrata sotto il palco dei giudici. La giornata particolare non era però finita, e si concluse con la corsa di un secondo palio, questa volta fra le nove contrade che non avevano vinto e che fu vinto dal Nicchio con il fantino Massimo Tamberi detto Massimino I (o anche Cotoletta) davanti all’Aquila dove montava Vincenzo Terzuoli detto Tagatta. Solo dopo questa seconda corsa fu calato e consegnato ai brucaioli il drappellone della prima (dipinto da Arturo Viligiardi), che fu scortato dai carabinieri fino a via del Comune, il che non impedì a un ocaiolo di impadronirsene e di gettarlo a terra lacerandone un lembo.

Maura Martellucci

Roberto Cresti