Sarà capitato a tutti di desiderare ardentemente di avere a disposizione un luogo nel quale potersi rilassare, un luogo che permetta di staccare i pensieri dal lavoro e dai piccoli problemi di tutti i giorni. E a volte non basta guardare un tramonto, sedersi su una panchina, leggere un libro, ascoltare musica. A volte serve tutto questo, insieme. Insieme al tatto, all’olfatto, alla vista, all’udito anche.
A Siena questo luogo c’è, ed è l’Orto Botanico. Collocato in via Mattioli, accanto all’Accademia dei Fisiocritici, l’Orto Botanico è un’istituzione attiva già dal Cinquecento, quando si trovava nei pressi dell’Ospedale del Santa Maria della Scala ed era chiamato “Giardino dei semplici”, in riferimento alle erbe officinali grezze. Con il passare del tempo si avvertì la necessità di avere un maggiore spazio a disposizione e nel 1856 l’Orto fu trasferito in quella che è la sua sede odierna. Oggi l’Orto Botanico fa parte del Sistema museale universitario senese e della Fondazione Musei senesi.
Entrando nell’Orto Botanico si viene subito coinvolti dagli aromi delle piante officinali e dai colori di fiori e frutti. Sono migliaia le specie che si possono ammirare e sembra impossibile credere che siamo nel cuore del centro urbano, eppure gli unici rumori che si sentono sono il ronzio delle api intente nel loro lavoro di impollinazione e quello dei nostri passi sulle foglie secche cadute lungo i viali. Ad ogni passo i visitatori si trovano circondati da un habitat diverso; l’esperienza è forte e coinvolge tutti i sensi, al punto che si ha come l’impressione di vestire i panni di Indiana Jones quando si entra nella serra equatoriale, per poi indossare quelli di un samurai nel canneto giapponese. Quando poi si cammina attraverso vialetti bui per la fitta vegetazione e coperti di muschi, la fantasia corre spedita verso storie di folletti e creature magiche. Improvvisa, la fantasia vola con fatine ed elfi per tornare subito indietro, attratta dai colori, dalla magia della natura così vera da superare ogni immaginazione.
Affascinanti anche i nomi volgari, cioè i nomi comunemente utilizzati per indicare le piante, che si trovano sui cartellini descrittivi posti vicino alle stesse (e che contengono anche i nome scientifico in latino e la derivazione geografica): ci si imbatte nell’albero dei rosari, i cui frutti hanno un foro che consente di far passare un cordino in modo da usarli come grani sacri; l’erba della strega, altamente tossica se assunta in grande quantità, o ancora la “lunaria”, i cui frutti piatti e tondeggianti assumono un colore argenteo, per cui sono detti anche monete del papa. Inutile invece spiegare perché una pianta grassa come l’”echinocactus” sia anche nota come il cuscino della suocera.
Ciò che davvero toglie il fiato è lo spettacolo che si para davanti appena si supera la zona dei boschi: una vallata verde, inimmaginabile da trovare a pochi passi dal centro abitato, tagliata dalle antiche mura che collegano Porta Tufi a Porta San Marco. Abbassando di poco lo sguardo l’Orto prosegue, con stagni di ninfee e il bosco delle felci, che sembrano essere abitati da gnomi.
In realtà non sono loro i guardiani di questo posto. Come ogni luogo in cui storia e magia convogliano, pare che a vivere fra i viali dell’Orto sia un fantasma, che si è manifestato per la prima volta negli anni Trenta. Di giorno e di notte si iniziò a sentir bussare sui muri, colpi gravi come di un grosso mantello. In una notte di pioggia battente, un uomo vide un’ombra che si muoveva rapida fluttuando nell’aria, senza muovere i piedi. La storia fece grande scalpore e fu grazie alla Società Metapsichica senese che il fantasma venne identificato: si trattava di Giacomo dè Magagni, frate camaldolese vissuto nel XVI sec., morto per impiccagione per aver amato impunemente una suora. La sua storia si lega a quella dei Bottini, lo storico acquedotto senese, e dei passaggi segreti che collegavano i conventi. Ancora oggi ‘Fra’ Giomo’ rimane la presenza dispettosa che tira i sassolini – si racconta – a quanti vadano a visitare l’Orto Botanico.
Qui si trova anche L’ Erbario che, dal 1817, conserva e studia esemplari vegetali identificati ed essiccati, ognuno accompagnato da un’etichetta con il nome scientifico e le informazioni relative al luogo di raccolta. Tale materiale botanico è mantenuto in un locale a condizioni microclimatiche controllate, per evitare il deterioramento degli esemplari. Oggi, come in passato, l’Erbario con le sue collezioni, è una fondamentale centro di informazione, oltre che un indispensabile strumento di studio per identificare le specie, per capire la loro variabilità e la loro distribuzione geografica. Dalla osservazione degli esemplari è possibile compiere studi di anatomia, mentre il confronto di vari reperti di periodi storici diversi, consente di potere esaminare le variazioni avvenute nel tempo. La funzione di documentazione storica dell’Erbario è legata soprattutto alle collezioni antiche, che costituiscono un’insostituibile testimonianza della ricchezza floristica di un territorio e permettono di valutare variazioni avvenute nella composizione della flora e nella distribuzione geografica delle specie.
Visitare l’Orto Botanico è un’esperienza che va oltre un semplice interesse scientifico. Si tratta di un’esperienza totalizzante che riaccende la fantasia, attiva i sensi e permette semplicemente di apprezzare la bellezza autentica della natura. Cosa che forse non siamo più tanti abituati a fare.
Mariafrancesca Guadalupi
Alice Bindi