15 luglio 1568: la Balia ordina agli artigiani del centro delle restrizioni per evitare il diffondersi di sporco e cattivi odori

Il 15 luglio 1568 la Balia ordina in maniera dura ai cerbolattai, pellicciai, calzolai e cuoiai che ancora avevano le proprie botteghe nelle strade centrali della città, di non conciare le pelli e tenervi in deposito il cuoiame grasso per evitare il diffondersi di sporco e di odori insopportabili. I cerbolattai e i cuoiai potevano tenere in bottega solo il “prodotto finito”, cioè le pelli già tinte e conciate, ma la lavorazione poteva avvenire solo ed esclusivamente in zone periferiche.

Questa normativa segnerà l’allontanamento di alcuni “mestieri”, come quello dei pellicciai, dal “Corso” ed infatti nel 1766-68, ai tempi dell’inchiesta voluta dal granduca Pietro Leopoldo per censire arti, mestieri e botteghe a Siena, i pellicciai erano rimasti solo in cinque e nessuno nel centro. Un mutamento importante questo, dato che, per esempio, il tratto di strada compreso tra via Vallerozzi e piazza Tolomei anticamente era chiamato proprio via di Pellicceria (il toponimo è attestato dal 1121) per l’alta concentrazione di botteghe artigiane che lavoravano pelli e pellicce.

Del resto fin dal Medioevo, nonostante le arti dei cuoiai e calzolai da una parte e dei pellicciai e cerbolattai dall’altra producessero un volume di affari di notevole entità, non erano ben viste in città proprio a causa del sudicio e degli odori malsani che producevano. Nel corso del Trecento, così, molte operazioni erano già state spostate in quartieri periferici, come quello di Fontebranda, anche se continuavano ad esistere vasche da concia a due passi da piazza del Campo (erano in piazza di San Cristoforo e, del resto, il nome di via di Calzoleria deriva proprio dalla lavorazione delle scarpe che si faceva in quest’area).

Ad onta della ben fornita bottega di calzolaio dell’affresco del Buongoverno, notoriamente manifesto di tutte le attività ritenute rappresentative della vita della città, progressivamente, l’insofferenza per questo tipo di lavori diventa sempre maggiore e provoca le ire dei cittadini e (nel 1399) anche il disprezzo dei governanti per i quali questi mestieri sono disdicevoli se esercitati nelle zone centrali dove, invece, si svolgono le più nobili attività della mercatura e della banca. Evidentemente, nonostante altre restrizioni di cui abbiamo notizia anche per il ’400, questi mestieri provarono a “resistere” ma dopo questa delibera del 1568 verranno definitivamente banditi, in parte insieme alla ricchezza che portavano, dalle strade principali di Siena. 

di Maura Martellucci e Roberto Cresti