Il 16 giugno 1773 venne firmato l’accordo tra don Giuseppe Ciolfi, parroco di San Pietro alle Scale, conosciuta anche come San Pietro in Banchi o San Pietro Buio (oggi non esiste più e si trovava in Banchi di Sotto a lato di Via di Calzoleria), e la Contrada della Civetta per l’uso della chiesa: la Civetta avrebbe corrisposto ogni anno 2 libbre di cera oltre a 5 fiorini per ogni Palio vinto a luglio e 3 ad agosto.
La Civetta, in realtà, celebrava le proprie funzioni in San Pietro fin dal 1692 quando le venne concessa dall’allora parroco don Antonio Perpignani, appassionato contradaiolo.
In San Pietro i civettini avevano a disposizione un altare dedicato a Sant’Antonio da Padova ornato con quattro statue di santi in cartapesta argentata e un quadro appositamente dipinto dal celebre pittore Galgano Pepignani, nipote del sacerdote.
Tra l’altro, nel 1770, lo stesso Galgano Perpignani, aveva lasciato alla Civetta per testamento alcuni diritti sulla parrocchia beneficiaria di parte dei suoi beni: il parroco di San Pietro in Banchi ogni anno doveva consegnare la dote ad una fanciulla della Contrada e una somma al capitano, variabile a seconda se correva o meno il Palio. In cambio la Contrada era tenuta ad esporre la bandiera con lo stemma del testatore sempre a lato dell’altare e ogni 29 giugno doveva fare l’alzata di fronte alla sua casa natale alla Croce del Travaglio.
Alla chiesa di San Pietro buio si accedeva da un omonimo vicolo del quale oggi resta, quasi in fondo a via di Calzoleria, sulla destra, un cortiletto appartato e senza sfondo. Forse la scarsa illuminazione (se ne parlava già quando si ipotizzava un’origine pagana dell’edificio) le portò la denominazione popolare di “buio”, come si legge in una relazione stilata nel 1730 proprio don Antonio Perpignani: “nei tempi del Gentilismo chiamavasi ‘l Tempio di Giove alle Tre Vie, adorandosi in esso il Simulacro di questa falsa Deità, e non vi entrava Lume, se non per alcune piccole aperture, dalle quali trasse il nome di Buio, conservato anche oggi fra il Vulgo”.
Invece il fatto che il pavimento della chiesa fosse leggermente sopraelevato rispetto al piano stradale, tanto che vi si accedeva tramite alcuni gradini le derivò l’altro nome di San Pietro alle Scale “in Banchi”, come si specificava per distinguerla dall’omonima chiesa parrocchiale di San Pietro alle Scale in Castelvecchio. La chiesa venne chiusa al culto nel 1786 con la ristrutturazione delle parrocchie senesi voluta dal Granduca Pietro Leopoldo di Lorena (in seguito fu completamente distrutta) e il suo titolo venne trasferito all’oratorio di San Giovannino della Staffa, mentre la Civetta ottenne un altare nella chiesa di San Cristoforo.
La Contrada della Civetta è stata l’ultima ad avere una propria chiesa negli anni ’30 dello scorso secolo, quando acquistò una falegnameria nella quale costruì l’oratorio dedicato a Sant’Antonio.
di Maura Martellucci e Roberto Cresti