Il 17 settembre 1577 si pose la prima pietra per la ristrutturazione del convento dei Santi Giacomo e Filippo, meglio noto come l‘Abbadia Nuova, nel quale il 28 ottobre 1596 si trasferiranno, con solenne processione, le monache di Santa Chiara.
Il complesso monastico, fondato dai Vallombrosani a fine XII secolo, già nel 1490 era fatiscente. Dopo l’assedio del 1555, le suore francescane di Santa Chiara furono costrette a lasciare la loro sede fuori porta Romana, occupata dalle truppe ispanico-fiorentine, e il 29 marzo 1556 la Balia intimò a Giulio Petrucci, abate commendatario di San Giacomo e Filippo, di lasciare libero il monastero in brevissimo tempo, in modo che le monache potessero andare ad abitarvi.
Le trattative e i lavori, in realtà, durarono quasi quindici anni (durante i quali le religiose vissero in Sant’Andrea ai Montanini) e dopo il loro insediamento il complesso, che da allora prese il nome di convento di Santa Chiara (il ricordo dell’antica dedicazione ai Santissimi Giacomo e Filippo rimase ad un altare della nuova chiesa), rimase alle monache fino al 22 luglio 1818 quando passò ai monaci olivetani e venne ribattezzato “ospizio di San Benedetto in Santa Chiara”.
Gli olivetani lasciarono “l’ospizio” il 7 luglio 1866, quando il monastero venne definitivamente soppresso. Dopo il fallito progetto di trasformazione in carcere, nel 1872 l’Abbadia Nuova era già stata adattata per ospitare una caserma militare. Oggi degli edifici originari, a parte il chiostro, rimane ben poco: la chiesa fu minata dai tedeschi in fuga il 2 luglio 1944 e quasi completamente demolita; gli unici resti consistono in due muraglie composte da un basamento in pietra su cui poggia una cortina in laterizio, come ricorda una lapide lì apposta.
di Maura Martellucci e Roberto Cresti