E che c’entra il Carnevale col Palio? In parte non c’entra niente. In parte c’entra del tutto.
Andiamo con ordine. Le feste tradizionali (ovunque) affondano, in genere, in due occasioni del calendario: le celebrazioni del santorale civico (quelle occasioni nelle quali si ricordano e si ricreano, magari in modo misto civile e religioso, momenti importanti e significativi della vita e della memoria collettive, e, appunto, le feste del Carnevale, con l’inevitabile corollario di sospensione dell’ordinarietà e di accettazione di comportamenti che, nella normalità, non sarebbero tollerati.
Le nostre amatissime pugna, ad esempio, nascono proprio (come moltissimi altri giochi di affrontamento in giro per l’intera Italia) come festa carnevalesca. Solo in questa occasione si può fare ciò che non sarebbe permesso: prendersi a cazzotti in faccia. Lo si fa per gioco, appunto, e ovunque (a Siena come a Perugia, a Pisa o a Venezia o altrove) si giura e si spergiura che questi scontri non sono fatti con cattiveria e che, finita l’occasione festiva del tempo “sospeso”, tutto torna nel canone normale senza alcuno strascico o continuazione di inimicizia.
E’ la stessa cosa che accade con i nostri cazzotti in Piazza fra rivali. Ci si mettono le mani al muso, ma il giorno dopo, quand’è finito il Palio, tutto si ferma. Se si vuole una rivincita, si aspetta il tempo rituale del successivo Palio. Attenzione concittadini e con-contradaioli! Questo, ahimè, la Magistratura ordinaria non l’ha capito e ogni volta che c’è un affrontamento, ora, si finisce al Palazzo di Giustizia alla Lizza. Pensiamoci.
Il carnevalesco, comunque, esce fuori, nel Palio, di contrabbando e si manifesta, prima di tutto, con le sfottiture all’avversaria e con le feste della vincitrice (e le caratteristiche di “eccesso orgiastico” legato al cibo e alla caciara). Qualche cosa di ciò si trova storicamente attestato già in tempi remoti. Chi osservi, ad esempio, un’incisione del 1712 con il “racconto” dei festeggiamenti della Chiocciola vittoriosa nel rione noterà un aspetto addirittura circense che occupa la scena almeno quanto i due tamburini che, in primo piano, fanno festa e il cagnetto che, a sinistra, segna il territorio pisciando allegramente. Tre funamboli, infatti, fanno esercizi di abilità sulle corde tese in alto sulla strada, mentre altri personaggi cercano di scalare un albero della cuccagna in cima al quale pende ogni ben di dio da mangiare, in un trionfo del cibo che, più carnevalesco di così, non si potrebbe immaginare.
Una “carnevalata” vera e propria la mette in scena, invece, nel 1711, “la Contrada della Tartuca, che ebbe gattivo cavallo, lo messero in barroccio con un pagliaccio [pagliericcio] e lenzuolo, e ce lo posero a diacere legato, e ci era il medico manescalco e dottore Asino”, annota divertito il testimone oculare Girolamo Macchi. E qualcosa di carnevalesco-polemico fa anche il Nicchio qualche tempo dopo, nel 1721, quando alla contrada sarà dato in sorte un cavallo già in precedenza infortunato che non potrà in nessun modo essere fatto correre. In quest’occasione, i nicchiaioli sfilano in Piazza, prima del Palio, con un carro che rappresenta beffardamente un cavallo impagliato.
Ma, arrivando ai giorni nostri, non sfugge a nessuno che il corteo della contrada vittoriosa, una o due domeniche dopo il Palio, è in realtà una manifestazione carnevalesca di gruppi che mettono in scena quadri tematici di sfottitura delle avversarie o delle contrade che comunque hanno perso il Palio, in un trionfo di buffonesco. Lo stesso che prende il posto, dopo la cena della vittoria, del serio, del rituale e dell’ufficialità, quando i cenini (delle donne, dei bambini e quelli successivi a tema) sono caratterizzati, di regola, da travestimenti e, talvolta, grottesche mascherature.
Il Carnevale pensavate che non facesse parte della cultura del Palio? Errore. Altrove, del resto, si coniuga strettamente e storicamente anche alle corse dei cavalli e alla narrazione della festa civica. Dove? Leggetevi “Il Palio di Siena. Una festa italiana” (edizione Laterza) e lo saprete. Che volete che vi racconti tutto qui? Comoda eh!
Duccio Balestracci