Il 27 marzo 1555 la Signoria di Siena, d’accordo con il comandante francese Biagio di Monluc, prende la drammatica decisione di inviare a Cosimo de’ Medici come ambasciatore Alessandro Gugliemi per avviare la trattativa di capitolazione della città ormai stremata dall’assedio. Cosimo dovrà fare da intermediario con l’imperatore Carlo V perché Siena possa arrendersi nel modo meno disastroso possibile. Quell’imperatore irreconciliato con la città che gli ha inferto un bello schiaffo tre anni prima (i soldati spagnoli vengono cacciati nel 1552).
Si decide di fare una stima esatta dei viveri ancora disponibili e del calcolo dei giorni che ancora si può resistere, chiedendo all’ambasciatore di concludere la trattativa prima che le scorte siano del tutto esaurite. Il giorno dopo, 28 marzo, vengono cacciate le ultime “bocche inutili” ancora presenti dentro le mura: i forestieri che non siano soldati, i mendicanti, le meretrici, i contadini che si erano rifugiati in città scappando dai loro campi devastati, tutti i servitori domestici. Solo le famiglie dei “risieduti” (cioè quelle i cui membri hanno diritto ad essere eletti nelle cariche di governo) potranno tenere un servitore. L’unica altra esenzione riguarda il personale dell’ospedale di Santa Maria della Scala che potrà restare in città.
La cacciata va ad effetto il 29 e le conseguenze sono scontate. I primi contadini appena mettono piede fuori dalle porte vengono catturati dagli imperiali e gli viene mozzato il naso e le orecchie e, così mutilati, sono rispediti in città sotto minaccia di essere impiccati se fossero di nuovo usciti. Ad aprile bisogna rassegnarsi: gli emissari senesi negoziano la capitolazione ancora tramite Cosimo.
I patti di capitolazione prevedono che l’autonomia (non l’indipendenza, ovviamente) di Siena non sia toccata: era stata piegata dalla fame, non sconfitta sul campo. Così, restano in vigore gli statuti cittadini; restano in funzione le magistrature; resta attiva la forma di governo che la città si era fin qui data; continuano ad avere vigenza le leggi che regolano la vita economica e sociale dello Stato. Il 17 aprile le truppe assedianti entrano in una città fantasma e, in virtù del trattato di resa, non si possono permettere né furti, né violenze di alcun genere. Piegati dalla fame sì; confederati sì. Sottomessi mai.
Maura Martellucci
Roberto Cresti