Cultura

28 ottobre 1560: Cosimo I de’ Medici giunge a Siena, l’ultima delle sue conquiste

Il 28 ottobre 1560 Cosimo I de’ Medici giunge a Siena, l’ultima delle sue conquiste. La disperata resistenza della repubblica senese asserragliata a Montalcino, circondata dalle truppe spagnole e fiorentine, si conclude nel 1559 dopo la firma del trattato di Cateau-Cambrésis, che sancisce il nuovo assetto politico europeo.

L’antico Stato senese viene abbandonato dalle ultime truppe francesi e dato in feudo a Cosimo de’ Medici dal re di Spagna Filippo II. In osservanza del patto di capitolazione firmato da Carlo V nell’aprile 1555, viene rispettato l’impegno di mantenere a Siena le antiche magistrature repubblicane del Capitano del Popolo, della Balìa e del Concistoro e di attribuirne le cariche attraverso l’equa divisione fra i Monti.

Ma per Siena, i fiorentini, saranno visti da ora in poi come coloro che hanno posto fine alla sua libertà. L’arrivo di Cosimo de’ Medici viene narrato minuziosamente da Agostino Provvedi: accompagnato dalla moglie Eleonora di Toledo, Cosimo con il suo numeroso corteo, tra cui gli ambasciatori di Lucca e Ferrara, nel bel mezzo di un generale scampanio delle chiese cittadine entra da porta Camollia, dove ad attenderlo i senesi (che certo non vogliono rendere omaggio al vincitore del tremendo assedio e responsabile della fine della Repubblica libera) sono davvero in pochi, come mostra, impietosamente, una Tavoletta di Biccherna.

Dopo la messa in Duomo, si trasferisce a Palazzo Pubblico, dove la sala del Consiglio (e non è casuale) è stata trasformata in teatro e viene messo in scena l’Hortensio di Alessandro Piccolomini. Il giorno dopo si corre un palio alla lunga e una replica della recita, mentre il 30 ottobre tocca alla pallonata. Il 31 ottobre, infine, viene fatta una sfilata con macchine, insegne e comparse in Piazza con tutte le Contrade, a cui segue un gran ballo e fuochi d’artificio dalla Torre e dalle finestre di Palazzo Pubblico. Al termine dei necessari festeggiamenti Cosimo riparte (finalmente, forse pensarono i senesi) per Firenze. 

di Maura Martellucci e Roberto Cresti

Imma Iodice

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