3 marzo 1768: 252 anni di omaggi a Giovanni Antonio Pecci, compilatore del “Giornale Senese”, sempre sulla mia scrivania, dal quale si formano molte delle “pillole” che leggete ogni mattina.
Il 3 marzo 1768 cessò di vivere, all’età di 75 anni, Giovanni Antonio Pecci, Cavaliere di Santo Stefano e compilatore del “Giornale Sanese”. Nato il 12 dicembre 1693 da famiglia nobile dedicò la sua vita allo studio; allievo e amico di Umberto Benvoglienti, come lui fu in contatto con i più importati letterati del tempo. Pecci ricoprì numerose cariche pubbliche: fece parte del Concistoro, fu per quattro volte Capitano del Popolo, Deputato dello Studio Senese e Archintronato. Grazie ai suoi studi e al suo operato come archivista, raccolse per tutta la vita notizie sulla storia di Siena che pubblicò in opere monumentali come lo stesso “Giornale Sanese” che in cinque volumi raccoglie, sotto forma di diario, gli eventi accaduti a Siena dal 1715. L’opera fu conclusa dal figlio Pietro che la portò avanti fino al 1794.
Al cavalier Giovanni Antonio Pecci si devono molte importanti notizie storia delle Contrade (e più di un errore: il principale, forse, contenuto in un opuscolo del 1723, ne quale parla di quarantadue contrade che sono, in realtà, compagnie militari. E da qui l’errore, conseguente, che le Contrade nascessero proprio da tali compagnie militari), e si deve a lui, insieme ad altri gentiluomini, la “rivitalizzazione” dell’Aquila che da un po’ di tempo aveva allentato la sua partecipazione alle feste cittadine ma che vantava un nobile passato. La sua discontinuità è tale da averla fatta ritenere estinta e da aver fatto occupare il suo territorio dalle Contrade confinanti. In modo arbitrario, in realtà, perché l’Aquila, anche se poco o per niente attiva, ha continuato a sentirsi Contrada e, nessuno l’ha data per ufficialmente cessata, se è vero che compare anche lei, nel 1714, in una descrizione delle «Divise delle Contrade».
Fu proprio Giovanni Antonio Pecci a chiedere al tribunale di Biccherna che la Contrada potesse partecipare nuovamente al Palio e, come è logico, si trova di fronte all’opposizione, forte, delle vicine Selva, Onda, Tartuca e Pantera. La richiesta, infatti, diede origine ad un acceso dibattito sviluppatosi in varie udienze ed anche il Capitano, Ascanio Bulgarini, appoggiò le ragioni dell’Aquila davanti al tribunale tanto che questo emise sentenza favorevole. Così, il 16 agosto del 1718 l’Aquila rientrò in Piazza per prendere parte alla ricorsa organizzata dall’Oca e, addirittura, l’anno successivo, trionfò nel Palio del 2 luglio 1719. Quel drappellone è giunto a noi come il più antico di quanti, in originale, si trovano nei musei delle diciassette Consorelle, e riporta anche la prima testimonianza iconografica della rappresentazione della Madonna di Provenzano su un Palio).
Il rientro dell’Aquila nella vita comunitaria delle Contrade, però, non fu “indolore” dato che nei decenni di latitanza le Contrade vicine si erano in qualche modo “spartite” il territorio aquilino. Nacquero per questo non poche liti tra l’Aquila, che rivendicava il suo rione, e le altre consorelle, tanto che solo il Bando sui Confini delle diciassette Contrade, firmato da Beatrice Violante di Baviera nel 1730, mise un punto fermo alla questione. Siena ha intitolato a Giovanni Antonio Pecci una strada nel quartiere dell’Acquacalda.
Maura Martellucci
Roberto Cresti