Il 4 ottobre 1967 è in edicola il primo numero di un nuovo settimanale, il “Nuovo Corriere Senese”. Il numero zero era uscito a fine giugno, ma durante l’estate l’intero progetto grafico era stato rivoluzionato ed aveva assunto quello che avrebbe mantenuto fino agli anni Ottanta.
Era un giornale che si rivolgeva non solo alla città, ma anche alla provincia ed era finanziato dalla federazione provinciale senese del Partito Comunista Italiano. Nonostante questo legame politico, il “nuovo corriere senese” (scritto tutto in lettere minuscole come recitava la grafica della sua testata) era un giornale che si rifaceva volutamente (fin dal titolo stesso) all’esperienza giornalistica di sinistra laica del “Nuovo Corriere“, uscito a Firenze fra il 1945 e il 1956, sotto la direzione di Romano Bilenchi (nato a Colle Valdelsa nel 1909 e morto a Firenze nel 1989).
Così come il giornale fiorentino era stato uno strumento di riferimento di tutta la sinistra dell’immediato dopoguerra (comunisti, socialisti, attivisti del Partito d’Azione), anche l’omonimo giornale senese si prefiggeva di rappresentare uno spirito della sinistra che andasse oltre le tessere di partito. Programma non semplice che, a volte, si scontrava con qualche rigidità della “proprietà”; più spesso riusciva a dar voce laicamente a una sinistra cittadina che, politicamente egemone, mancava di strumenti di riflessione. La Siena giornalistica era caratterizzata, all’epoca, da testate che avevano il loro riferimento politico quasi esclusivamente nei partiti di centro o di destra.
Oltre a “La Nazione” e, per qualche tempo, “Il Mattino”, usciva infatti “Siena Cronache” (di ispirazione democristiana) e “Il Campo di Siena“, fondato da Celli e Gigli e anch’esso di ispirazione conservatrice. Sulle pagine del “nuovo corriere senese” si alternarono, per anni, le firme di politici che si erano formati sedi della grande cultura e politici che si erano fatti le ossa con le lotte operaie e contadine, sindacalisti, docenti universitari, intellettuali.
Il primo direttore fu Enrico Zanchi, poi seguirono, tra gli altri, Aurelio Ciacci (senatore del PCI), poi Carlo Fini, Maurizio Boldrini, Duccio Balestracci, Daniele Magrini e, ancora una volta, nell’ultima stagione (quando il giornale prese il nome di “NC”) ancora Maurizio Boldrini.
Dalla redazione del “nuovo corriere” (stampato a lungo con i piombi de “La Diana” che aveva sede in piazza dell’Abbadia, prima che le nuove tecnologie costringessero ad un cambio di azienda tipografica) passarono Roberto Barzanti, Augusto Mazzini, Alessandro Falassi, Carlo Nepi l’indimenticabile insuperato fiutatore di notizie Renzo Corsi, giornalisti che poi hanno fatto carriera in altre testate come Magrini, ma anche Pino di Blasio, Maurizio Bologni. Ci scrissero Luciano Peccianti, Laura Vigni, (poi direttrice dell’archivio comunale), Mario De Gregorio, Lucia Maffei, Bruno Valentini (oggi sindaco di Siena), Eleonora Mariotti, Alessandro Orlandini, Mauro Civai (poi direttore del museo civico), Vincenzo Coli, Fabrizio Vigni (poi parlamentare), Mario Ciani (inventore e direttore di “Mesesport”, testata nata, peraltro, proprio nell’entourage di “ncs”), Paolo Corbini e Letizia Galli. Fece lì la sua prima esperienza di reporter un giovanissimo Lorenzo Marruganti, prima che la vita lo dirottasse ad altre destinazioni. Attilio Lolini faceva regolarmente infuriare i vertici della Chigiana per le leggendarie stroncature di concerti e musicisti.
Era colonna portante un dinamicissimo Augusto Mattioli, infaticabile reporter e eccezionale fotografo. Emilio Giannelli era sempre pronto a regalare alla testata qualcuna delle sue deliziose e intelligenti vignette. Non si adontino quelli che non sono stati nominati: sulle pagine del “nuovo corriere” scrisse una quantità davvero grande di giornalisti e intellettuali (talvolta nemmeno vicini alla sinistra) che erano, comunque, espressione di una Siena dinamica e intelligente che, più di una volta, capita oggi di rimpiangere.
L’ultimo numero uscì il 23 agosto 1989. Non c’erano più risorse per mandare avanti il giornale e il PCI decise che di quel manipolo di “eretici” (come da sempre venivano più o meno scherzosamente definiti i giornalisti del “nuovo corriere” nei corridoi della federazione) poteva tranquillamente farne a meno.
di Maura Martellucci e Roberto Cresti