Il 5 ottobre 1554 avviene uno dei fatti più drammatici tra i molti che caratterizzeranno i lunghi mesi dell’assedio di Siena. Uno dei primi problemi che si pose Biagio di Montluc, al comando della resistenza senese, insieme ai signori “Otto di Reggimento sopra la Guerra”, fu quello di istituire una nuova magistratura: quella de “I Quattro cittadini per distribuzione di Monte, per cavare dalla Città tutte le bocche disutili”.
Per cercare di resistere e salvare Siena, dove si contavano circa 24.000 bocche da sfamare, infatti, come in ogni regime di assedio, si stabilì che, nel corso dei mesi, dovevano essere allontanate tutte le cosiddette “bocche inutili”: poveri, stranieri, contadini, rifugiati, prostitute, vecchie e orfani.
In questo 5 ottobre, si legge nel “Diario delle cose avvenute in Siena dal 20 luglio 1550 al 28 giugno 1555” redatto da Alessandro Sozzini: “uscirno a Porta Fontebranda circa 250 putti dello Spedale grande dalli, sei fino alli dieci anni, tutti in barcelle e cestarelle, con la scorta di quattro compagnie(….)Si accompagnorno con detti putti molti uomini e donne della Città, che avevano avuto precetto di partire; e avevano carico, infra muli, asini e cavalli, intorno alle 100 bestie. Salite che furno alla Piazza a Casciano, un miglio lontano da Siena, si derno in una imboscata(…) la mattina erano tutti fuora Porta di Fontebranda (a dove si fa l’anno il mercato de’ porci), tutti a diacere per terra, con grandissime strida e lamenti.
Era la più grande compassione a veder quei putti svaligiati, feriti e percossi in terra a diacere, che averiano fatto piangere un Nerone: ed io averei pagati 25 scudi a non gli aver visti; che per tre giorni non possevo mangiare né bere che pro’ mi facesse”. E questo sarà solo uno degli episodi che vedranno il sacrificio di indifesi per il “bene comune” e la sopravvivenza di Siena libera. Sacrifici che, come sappiamo, saranno tutti inutili.
di Maura Martellucci e Roberto Cresti