1932. 24 anni, una Leica in mano, le idee un po’ confuse sul futuro ma tutta una vita davanti per dimostrare al mondo di essere “l’occhio del secolo”. Ed è proprio di quell’anno una delle istantanee più famose: Gare Saint Lazare, un condensato del modus operandi capace di rivoluzionare il modo di fare fotografia. Leggendo l’incipit sembra una storia come tante e, invece, è la storia straordinaria di un uomo straordinario, inseparabile dalla sua macchina fotografica, in cui conserva il mondo in scatti pieni di significati evidenti e nascosti, sfidando l’osservatore a far volare la fantasia, facendo assumere a ogni fotografia un significato personale e diverso da quello dell’autore.

Questa storia inizia nel 1908 a Chanteloup, non lontano da Parigi, dove nasce un bambino che diventerà quell’uomo straordinario. Inizia studiando pittura, ma si apre in breve tempo a diverse arti figurative, in particolare si divide tra cinema e fotografia. Negli anni ’30 la sua curiosità lo spinge a viaggiare: Europa, Messico, Stati Uniti iniziano a conoscerlo ed egli impara impara impara. Collabora con Jean Renoir per alcuni film; documenta la guerra civile spagnola nel 1938. Attraversa la seconda guerra mondiale trascorrendo tre anni come prigioniero dei tedeschi; riesce a fuggire e continua la sua attività di fotografo mentre si unisce a un’organizzazione che aiuta i prigionieri e gli evasi.
A guerra finita la svolta arriva anche per lui: un anno negli States, fonda la Magnum Photos insieme ad altri grandi della fotografia e continua il suo viaggio per il mondo, come un gabbiano che sorvola e coglie i punti salienti della storia della sua epoca. Tra gli anni Cinquanta e la fine degli anni Sessanta assiste a tutti i principali avvenimenti e, quindi, Cina, Indonesia, Cuba, Giappone, India, perfino Unione Sovietica; per terminare il suo girovagare con un viaggio di oltre un anno, tra il 1968 e il 1969, in Francia.
Intorno alla metà degli anni ’70 torna alla pittura, lascia la Magnum (ma mai sul serio: il suo spirito aleggia nell’agenzia ancora oggi), organizza mostre fotografiche fino al passaggio al nuovo millennio, quando dà vita, nel 2003 a Parigi, alla Fondazione che porta il suo nome. Lascia i suoi viaggi e la macchina fotografica per sempre soltanto nel 2004.

Un finale, dunque, degno della narrazione che lo precede. La storia di Henri Cartier-Bresson.
Questa storia incredibile, che si interseca con la Storia del Novecento, di cui Bresson è ineluttabilmente parte e protagonista, è visibile nei centoquaranta scatti in mostra alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea “Raffaele De Grada” di San Gimignano. La selezione scaturisce dai preziosi rullini di Cartier-Bresson, perciò non resta che trattenere il respiro insieme al grande fotografo di fronte alla realtà da lui immortalata.