
Si inizia il 28 marzo con una tavola rotonda che conta una ventina di accademie culturali italiane. Si finisce il 4 dicembre con un approfondimento sulla lingua italiana. Nel mezzo ci sono appuntamenti con l’arte, la cultura, la musica e il teatro.
L’Accademia Senese degli Intronati, la più antica esistente in Italia, festeggia così i suo 500 anni. Mezzo millennio. E si interroga sulla propria identità nell’epoca contemporanea.
“Il suo significato attuale risiede nella creazione di un luogo di divulgazione e formazione di alto livello- osserva l’archintronato Roberto Barzanti-. Quest’istituzione offre un’opportunità per sviluppare una cittadinanza consapevole, non solo per i residenti di Siena, ma anche per i visitatori. È un punto di riferimento per chi vuole comprendere la città, la sua storia e il suo patrimonio culturale”.
Il cinquecentenario sarà celebrato con le iniziative proposte da un comitato scientifico che vede studiosi internazionali. Tutti gli incontri si svolgono con l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica. A dare il patrocinio anche la Regione, il Comune e la Provincia, le Università e Opera Laboratori. Il sostegno arriva da realtà come Fondazione Monte dei Paschi di Siena e Acquedotto del Fiora.
I convegni in calendario esamineranno i riflessi della cultura degli Intronati nella storia dell’arte ed in quella della lingua italiana. Saranno poi esaminate le figure dei personaggi principali dell’Accademia. Ed infine sono in programma due mostre bibliografiche e documentarie, un concerto nel salone della Chigiana di musiche polifoniche a cappella di partiture di compositori intronati interpretate dal coro Guido Chigi Saracini diretto da Lorenzo Donati e la rappresentazione nel Teatro dei Rinnovati de I Prigioni di Plauto tradotti da l’Intronati nella riduzione realizzata dalla compagnia Atelier Teatro di Milano con la regia di Carlo Boso e musiche originali composte da Amat.
“L’Accademia nacque come un sodalizio alternativo alla cultura ufficiale delle università e della Chiesa. Riuniva giovani, soprattutto nobili e aristocratici, desiderosi di dedicarsi al teatro o alla scrittura di trattati, creando un forte legame tra il ceto intellettuale, il ceto politico – molti membri ricoprirono infatti cariche pubbliche – e la vita della città. Era uno spazio libero e protetto, in cui studio e divertimento non erano in contrapposizione, ma complementari”.
“Lo scopo delle nostre iniziative non è autocelebrativo – viene spiegato in una nota-, ma vogliamo porre all’attenzione e far conoscere sia ai senesi sia a chi si trova a vivere nella nostra città per motivi di studio o di lavoro, il patrimonio culturale, artistico, letterario, linguistico, che ha caratterizzato la sua storia. Inoltre è nostra intenzione confrontarsi con istituzioni affini, con le quali si può realizzare una rete di rapporti, per valutare le problematiche attuali e la necessità di trovare nuovi linguaggi e modalità di comunicazione”.
Katiuscia Vaselli