Entra nel vivo l’edizione 2019 del Terra di Siena Film Festival e conferma l’energia dell’inossidabile (ed elegantissima, ieri sera al cinema Nuovo Pendola) madrina della manifestazione Maria Pia Corbelli che riesce ogni anno ad avere la giusta intuizione per i prodotti di qualità.
Ne è stata conferma ‘Lettera H’, regia di Dario Germani (nella foto, a destra insieme agli attori Marco Aceti e Giulia Todaro), una produzione coraggiosa di Tonino Abballe che ha messo in evidenza le migliori qualità del regista, del cast e dei tecnici mossi empaticamente da una vicenda che solo con il cuore può essere raccontata. Un vero e proprio lavoro corale che contribuisce a un risultato finale molto buono che prende lo spettatore e lo trascina direttamente dentro agli stati d’animo dei protagonisti. Per ottenere certi finali, il merito va senza dubbio alle capacità messe in campo, dagli effetti speciali curati da Sergio Stivaletti fino a quelli visivi di Luca Saviotti passando per la sceneggiatura di Andrea Cavaletto e la produzione di Abballe.
Una botta di adrenalina. Il film, diretto da un ottimo Dario Germani e con due protagonisti – Marco Aceti e Giulia Todaro – intensi fino alla fine, è liberamente ispirato alle vicende del Mostro di Firenze. Di qui il titolo che evoca i famigerati proiettili della Calibro 22 utilizzati dal killer delle coppiette. E guardando soltanto di sbieco a uno dei grandi misteri italiani ancora irrisolti, il film si scioglie a un ritmo scandito dai battiti del cuore, prima lenti e poi veloci, poi ancora lenti, consapevoli della fine. Un colpo di quelli da far assorbire lentamente, altrimenti si rischia di farsi male tanto si è trascinati nel vortice della narrazione.
Katiuscia Vaselli
Il grande pregio del film di Dario Germani è quello di essere riuscito a trasmettere, come nessuno prima d’ora, l’incredulità, la perfetta sensazione di un incubo sospeso tra sogno e realtà, il terrore che scala in paura per ripresentarsi in allucinazioni di pre-morte. Della vicenda ‘Mostro di Firenze’ neppure l’ombra se non in un rimando al 1974, a quella fiat 127 che, mezzo dell’orrore, prende vita condizionando una mente di per sé già malata. Neppure le escissioni hanno un chiaro richiamo al Mostro, ottenuto il feticcio lo si abbandona facendogli perdere qualsiasi significato. Il film Lettera H vince comunque perché, in una storia che si lascia solo sfiorare dalla reale psicopatologia del serial killer delle coppiette, riesce a far comprendere il lato più trascurato della vicenda del mostro: gli attimi di sconcertante terrore quando capisci di perdere la vita senza sapere perché. Dario Germani regala al pubblico momenti di vera paura suggellati in positivo dalla forza orgogliosa di una vittima che invocando la madre uccide ‘il mostro’ prima che accada qualsiasi altra cosa.
Andrea Ceccherini
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