Sapori era convinto che l’anno di fondazione del Monte dei Paschi fosse realmente il 1472.
La Giornata di studi che la Biblioteca Comunale degli Intronati ha organizzato ieri in onore di Armando Sapori chiamando a discutere studiosi di primo piano ha avuto un andamento molto fruttuoso. Nato a Siena, nell’Oca nel 1892, Sapori si laureò con una tesi in diritto penale nel 1919. Poco dopo, nel ’21, lasciò Siena ed entrò quale funzionario all’Archivio di Stato di Firenze. A furia di familiarizzarsi con la documentazione economico-patrimoniale conservata in fondi di archivi familiari fiorentini, fu spinto a indagare i protagonisti di quel mondo dei mercanti-banchieri che costruì la forza di Firenze e della Toscana su scala europea.
Muovendo dai dati, dai ponderosi libri contabili, da epistolari e da stralci di memorie, Sapori partecipò ad una delle discussioni storiografiche più rilevanti, tuttora aperta: da quale retroterra e per quali vie nasce l’epoca che, dopo le famose pagine di Burckhardt, si usa definire Rinascimento? Quale ruolo vi ebbero i mercanti fiorentini e toscani che si fecero sulla scena nel XIII secolo? Sapori avanzò l’idea che per capire la rivoluzione occorresse rifarsi a ben prima dell’ umanesimo quattrocentesco.
L’emergere dell’economia protocapitalistica nelle città dei nascenti Comuni aveva gettato semi da non trascurare. Un esempio fulminante del suo modo di leggere/interpretare le carte Armando Sapori l’offrì quando nel 1972 – nel corso dei festeggiamenti per i cinquecento anni di vita del Monte dei Paschi – intervenne sulla disputa dell’anno reale di fondazione. In una delibera dell’agosto 1568, allorché s’era dato il via, dopo la fine della Repubblica, ad un Secondo Monte, i legislatori degli anni di Cosimo I non avevano esitato a invocare i gloriosi primordi dichiarando la loro volontà di agire “secundum formam antiquorum et primorum capitulorum Montis predicti”. «Così – chiosò Sapori – nella carta di nobiltà del Monte dei Paschi si trova legittimamente la data di nascita, 1472, del lontano progenitore».
Altro che contiguità di spazio col vecchio Monte Pio! Prima ancora dell’incontro con Fernand Braudel e Lucien Febvre a fondamento dell’opera di Sapori sta una «seria e solida tradizione muratoriana – ha osservato Delio Cantimori –, non ripresa meccanicamente, ma vivificata mediante l’aggiornamento tecnico specialistico e la rielaborazione personale attiva dello studioso paziente e minuzioso, ma aperto alle nuove metodologie e ai nuovi problemi». Trascorsi quarant’anni dalla scomparsa di Sapori (1892 – 1976), il suo archivio personale, donato dalla figlia Giuliana alla Biblioteca senese, comincerà a parlare, rivelando abbozzi, assilli, relazioni, scambi epistolari di un atipico storico-archivista.
Roberto Barzanti