«Dipingerò il Palio con la mano del cuore, la sinistra, per dire grazie a Siena». L’intervista a Jean-Claude Coenegracht parte dalla fine, dal saluto con cui si accomiata. Il pittore belga che dipingerà il Drappellone del 16 agosto 2016, infatti, è uno che la nostra città la conosce bene e la ama. Nato a Liegi nel 1948, è un quasi senese di adozione. Tutti gli anni viene a salutare i molti amici che ha qui e a vedere il Palio. A quest’ultimo ha dedicato un’opera del 1987.
Coenegracht è un tipo gioviale e al solo parlare di Siena si lascia andare, nel suo linguaggio a metà tra il francese e l’italiano.
Giusto ieri è stato incaricato della pittura del Drappellone del 16 agosto prossimo dal Comune di Siena. Emozionato?
«E’ un’enorme gioia. Sarà più facile vivere la cosa quando verrò a Siena per cinque giorni intorno al 10 di aprile».
Come affronterà questa sfida, visto anche il formato?
«In passato ho già lavorato su formati speciali. Per esempio ho fatto dei disegni colorati su seta cinese. Ero a Shangai e dipinsi su un rullo di un metro su cinquanta metri».
Ha già in mente con quale approccio dipingerà il Drappellone?
«Non lo so ancora. Mi piace la celebrazione dell’accesso al voto per le donne del 1946. Per la mia immaginazione è un tema molto bello. Ancora oggi per le donne il Mondo è più difficile che per gli uomini. Per un lavoro guadagnano meno».
So che lei conosce bene Siena. Perché?
«Ho molti amici sia nelle Contrade che fuori. Sono più di quarant’anni che vengo a Siena, almeno due o tre volte all’anno».
Quando è venuto la prima volta?
«Per il Palio. Avevo ventisette anni e avevo visto alla televisione un reportage sulla corsa e il resto. Arrivai nelle vostra città ed ebbi la sensazione di aver trovato casa. Ci sono due posti al Mondo che mi hanno fatto quest’effetto: Siena e Praga. Con la famiglia passo un po’ di tempo da una parte e dall’altra».
Come descriverebbe la sua pittura?
«E’ la mia interpretazione della vita. Ho lavorato molto sulle vicende di mio nonno, che aveva scritto sulla sua esperienza durante la guerra del ’14-’18 (il Belgio entrò nel conflitto l’anno prima dell’Italia, ndr). Ho fatto una rielaborazione di quello che penso abbia potuto vedere, cose di cui non ha parlato mai a voce. Per alcuni, comunque, il mio lavoro è accostabile a quello di Hieronymus Bosch e di Goya. Nella mia attività ho fatto di tutto anche molte incisioni, come il pittore belga James Ensor. Quest’ultimo è stato, non a caso, professore del mio professore».
In Belgio Siena e il Palio sono conosciuti?
«Sì, ma la visione del Palio non è quella corretta. Per alcuni è il riflesso di una violenza. Non sanno che a Siena si fa tutto per i cavalli. Penso che manchi un po’ di informazione. La gente vede i tre giri, le cadute spettacolari, quasi fosse una singola esplosione. Per me lo speciale del Palio non è la corsa, ma la vita dei senesi. Le persone che mangiano, cantano, piangono insieme. Tutto questo esiste solo a Siena».
Emilio Mariotti
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