“Io sono l’ultimo romantico in un mondo che sogna di arrivare alla Luna invece di ascoltare la sonata Al chiaro di Luna’’ In questa frase c’è tutto quello che si deve davvero sapere sul conte Guido Chigi Saracini. Era un romantico il conte, ma lo era soprattutto nel senso artistico letterario del termine, un amante della musica che è stata il centro della sua vita, però era anche una “luna” per la sua città. E proprio come la luna aveva due facce, una luminosa, scintillante e bagnata dalla luce della sua creatività, della sua devozione per l’arte, e un’altra più scura, più umana e malinconica di quella imponente e austera che siamo soliti conoscere.
Questo equilibrio tra luci e ombre, il grigio che caratterizza le sue foto, il fascino di quest’uomo e della sua personalità sono l’argomento della mostra Ricordanze che è la prima delle tante iniziative organizzate dall’Accademia Chigiana in occasione dei cinquant’anni dalla sua scomparsa. Il nome della mostra è in realtà il titolo di un libretto, uscito nel 1958, in cui erano raccolti gli episodi notevoli della sua vita, una vita ricca di aneddoti di conoscenze, di storie, di passioni, di amori che si snodano lungo le stanze di quello che per lui doveva essere il ‘’Sancta Sanctorum dell’arte da sempre favorita, la musica”, Palazzo Chigi Saracini che fu inaugurato nel 1923 dopo averne affidato la ristrutturazione all’amico e concittadino Arturo Viligiardi.
Le sue amate mura, oggi sede dell’Accademia Chigiana, dovevano essere un sorta di salotto, la sede di un circolo di eccellenza che sarebbe stato il fiore all’occhiello di Siena, tanto da renderla una sorta di faro culturale, ecco perché nella volta del Salone dei Concerti volle che fosse riprodotta la vittoria di Siena a Montaperti, perché questo episodio così centrale nella storia della sua città era una sorta di parallelismo con la storia italiana nel periodo della Grande Guerra. Al primo combattimento mondiale egli partecipò direttamente come “tutto fare” al servizio della Croce Rossa Italiana (che successivamente lo insignì anche di una medaglia), dove sua moglie Bianca Kashmann lavorava.
Al fronte Guido, si ammalò di polmonite e trascorse la sua convalescenza a Quercianella, località marittima vicino Livorno, ma da solo. Il matrimonio con la Kashmann naufragò e di lì a poco arrivò la separazione: probabilmente non fu mai un matrimonio felice, forse perché più che Bianca, Guido aveva sposato le sue origini, essendo lei figlia di un grande tenore dell’epoca. In uno degli album di foto del conte ad un certo punto compare una linea ed una scritta: “da qui comincia la mia nuova vita”; da lì in poi nessuna foto di Bianca, ma solo paesaggi, strumenti musicali e un nuovo volto femminile, quello di Fabiola Lenzoni de Oyeda, la compagna di una vita.
Il centro nevralgico della vita di Guido Chigi Saracini però fu sempre la musica, una musica che gli scorreva nel sangue e nella quale voleva vivere, ecco allora spiegato il motivo per il quale la tenuta di Castelnuovo Berardenga divenne una sorta di Pantheon, in cui sono tutt’oggi conservate le statue dei musicisti che lui amò: da Vivaldi a Chopin, ma soprattutto Verdi, per il quale nel 1913, organizzò la Messa in Requiem a 100 anni dalla nascita. Una devozione, quella per Verdi, che aveva condiviso con Arrigo Boito, che fu per lui, maestro, amico e confidente.
L’animo poliedrico di questo personaggio così austero e affascinante però era profondamente legato alle sue radici, alla sua città, a quella Siena dalla quale si allontanava, ma alla quale aveva bisogno di tornare e della quale era “Roi”, re, come la regina del Belgio lo definì in una lettera del 1955. Per la sua città Guido fu un mecenate: il suo nome infatti non è legato solo alla fondazione di Micat in Vertice o dell’Accademia Chigiana o a quello della Contrada Sovrana dell’Istrice, di cui fu storico Priore, ma anche alla Cattedrale. Riconoscente alla Vergine che lo aveva salvato dalla polmonite nel 1917, decise di dedicarle una statua che è conservata in Duomo, nella Cappella Chigi (nota anche come Cappella della Madonna del Voto) e diversi anni dopo affidò alle abili mani di Vico Consorti il suo ‘’grazie’’ alla Vergine che aveva preservato Siena dai bombardamenti commissionandogli la Porta della Riconoscenza che si apre sul lato destro della Cattedrale, appena sotto il campanile.
Si spense nel 1965 l’ultimo grande mecenate senese, lasciando alla sua Siena un’eredità artistica e culturale e un patrimonio dal valore inestimabile ora raccolto e ordinato da Laura Bonelli secondo un percorso a sezioni tra quelle ”amate mura” che dominano via di Città e che si lasciano guardare dalla Luna,quella stessa Luna che il conte Guido Chigi Saracini era solito osservare con gli occhi di un vero e proprio romantico.
Vittoria Guideri
Foto di Emilio Mariotti
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