Elisabetta racconta la sua ‘vita da film’, l’umiltà e la forza che non le hanno mai fatto smettere di credere in se stessa e che oggi, coprotagonista del cortometraggio ‘Leonarda’, l’hanno portata sul red carpet del Festival di Cannes.
A tutti è capitato, almeno una volta nella vita, di ritrovarsi imbambolati di fronte al grande schermo, così piccoli e insignificanti nella nostra poltroncina scomoda del cinema, affascinati da quel film vincitore di un numero imprecisato di Oscar. Tutti, ammettiamolo, abbiamo desiderato di trovarci dall’altra parte. C’è un po’ di emozione nel raccontare la storia di chi quel desiderio lo ha trasformato in un obiettivo, un traguardo da raggiungere e per cui lottare senza aver paura, con il coraggio e la volontà necessaria per lasciare la propria casa, il nido sicuro, per partire verso un paese lontano, tanto appetibile quanto diverso, sconosciuto. Elisabetta Franchi, 23 anni e contradaiola della Giraffa, è la protagonista di questa vita da film che ci ha raccontato lei stessa, una storia che viene narrata con lo stupore e l’entusiasmo di una bambina nel paese delle favole, ma anche con quella professionalità che lascia intendere la solida formazione che la caratterizza. Elisabetta ha realizzato il sogno di diventare attrice e noi l’abbiamo intervistata direttamente dal Festival di Cannes, dove si trova per l’anteprima mondiale del cortometraggio ‘Leonarda‘ (qui il trailer ufficiale) di cui è coprotagonista.
Come è nato il desiderio di fare l’attrice?
“È una storia buffa… Ricordo che il primo film che ho visto da piccola è stato Sister Act. Nella mia incoscienza di bambina, sono rimasta così affascinata da quel film che ho detto a mia mamma ‘voglio fare la suora!’, poi ho capito come funzionavano le cose e dal voler prendere i voti, sono passata a voler fare l’attrice! E’ sempre stato il mio sogno ed è ciò che mi rende felice”.
Un sogno che si realizza ma che ha richiesto tanto lavoro: qual è stato il tuo percorso?
“Nel 2012, subito dopo il diploma, sono partita per New York ed ho iniziato a frequentare la New York Film Academy dove ho studiato recitazione, editing, regia e tutto ciò che riguarda il mondo del cinema. L’anno dopo ho proseguito gli studi a Los Angeles dove mi sono specializzata in recitazione e dove ho conseguito il diploma. Sono rimasta lì per un altro anno in cui ho lavorato in vari cortometraggi, tra i quali ‘Leonarda’. E’ trascorso ancora un anno e mi sono trasferita a Londra. Lì ho iniziato a lavorare nel cinema europeo e adesso sono immersa in un via vai di film festival al seguito della presentazione di ‘Leonarda’”.
Parlaci di ‘Leonarda’…
“E’ un cortometraggio girato a Los Angeles nell’agosto scorso, il cast è quasi interamente italiano, così come il regista Luca Brinciotti e la produttrice Rosaria Cianciulli: verrà proiettato il 20 maggio alle 13 in anteprima mondiale nella sezione ‘short film corner’ al palais del Festival di Cannes. Le vicende narrate sono tratte da una storia vera degli anni ’30-’40: Leonarda Cianciulli (la produttrice è una sua discendente) era la ‘saponificatrice di Correggio‘, chiamata così per via dei crimini commessi. Al processo, Leonarda raccontò di aver avuto 17 gravidanze ma di essere riuscita a portarne a termine solo 4 a causa di una maledizione ricevuta dalla madre. Per far scomparire la maledizione, sacrificò 3 sue amiche, facendo delle saponette con il corpo e le ossa, mentre usò il sangue per farne dei biscotti. Rosaria Cianciulli, oltre ad essere la produttrice e la sceneggiatrice, interpreta anche la protagonista”.
E con ‘Leonarda’ arrivi al Festival di Cannes. Com’è stato l’impatto con il red carpet?
“Penso di non essermene ancora resa conto. Qui c’è un milione di cose da fare, da vedere, un mondo in delirio che detta ritmi serratissimi a cui bisogna star dietro. E’ tutto estremamente bello, ma anche stressante… Passi dalla visione di un film ad un red carpet nel giro di poco, ti ritrovi a dover lavorare velocemente ed è dura, anche se l’entusiasmo non fa sentire la stanchezza. Sto vedendo posti fantastici, tra questi c’è l’hotel Majestic dove è allestito il bellissimo padiglione italiano e poi le persone, insomma, mi sono trovata faccia a faccia con Robert de Niro, Usher, Chris Pine… Un po’ surreale. C’è tanta sicurezza, alcuni arrivano con la scorta e in giro ci sono militari con il mitra in braccio: mercoledì, alla prima serata hanno fatto evacuare tutto il palais per un allarme bomba”.
Ormai siamo invasi dalle grandi produzioni americane, ma in casa nostra abbiamo tanta qualità. Come viene accolto il cinema italiano all’estero?
“All’estero, se si parla di cinema italiano, viene subito fatto riferimento a Fellini, a quei grandi del passato che adesso non ci sono più. Ora come ora escono film da oscar come ‘La grande bellezza‘, ad esempio, ma non c’è più quella tradizione dei maestri che hanno reso grande il cinema italiano. Adesso nel mondo cinematografico c’è un monopolio americano e inglese, ma ci sono alcuni registi italiani che tentano di riportare la nostra tradizioni in auge, posso citarti Gianfranco Rosi, regista di ‘Fuocoammare‘, un film davvero molto valido. Anche io ho questo obiettivo, nella mia carriera”.
C’è un lato del tuo lavoro che non ti aspettavi?
“Non mi aspettavo tutta l’umiltà che ci vuole per arrivare a fare qualcosa di buono. E’ un mondo dove ti chiudono e ti chiuderanno miliardi di porte in faccia, devi credere fermamente in te stesso e in quello che fai per non mollare e provare, riprovare e provare ancora. Le persone che riescono, quelle che noi vediamo sfilare sul red carpet, sono quelle che hanno continuato a credere”.
Nella foto: Rosaria Cianciulli ed Elisabetta Franchi
Quando torni a Siena, cosa porti con te della tua nuova vita? Viceversa, cosa conservi di Siena ogni volta che riparti?
“Dopo aver iniziato questo percorso mi sento più calma e in pace con me stessa. Non potevo restare a Siena con la volontà di fare questo lavoro e devo dire che andare all’estero mi ha aiutata tanto anche a vivere meglio la mia città: nelle relazioni ho cambiato atteggiamento, vivo tutto con più serenità e ho aperto la mente, sono più predisposta al diverso. Di Siena, però, mi porto dietro quella immensa sicurezza che mi da il pensiero di non avere solo i miei parenti a sostenermi. C’è tutta la mia seconda famiglia – la Contrada della Giraffa – , che mi accoglie ogni volta a braccia aperte, mi vuole bene e fa il tifo per me. E’ una magia che non avrei potuto vivere se fossi nata in un’altra città”.
Arianna Falchi