Niccolò Semplici ci racconta la vita dietro ad una macchina fotografica, il duro lavoro che c’è nell’inseguimento di un sogno e la soddisfazione dell’essere arrivato alla semifinale del SIPA Contest, un concorso fotografico che vede la partecipazione di professionisti da tutto il mondo.
La vita è fatta di attimi. Alcuni, sono talmente impercettibili da passare inosservati, persi nello scorrere veloce del tempo che li rende effimeri, fugaci, facilmente dimenticabili. Una risata, un movimento, un fascio di luce che muta i colori per un solo istante ed è proprio a quell’istante che Niccolò Semplici, ventisettenne contradaiolo della Tartuca, non vuole rinunciare. E’ iniziato tutto da una macchina fotografica che non sapeva assolutamente usare e da un corso di fotografia regalatogli da Agnese, la sua lungimirante fidanzata. Da lì è nata una passione travolgente, un percorso fatto di continuo lavoro e sacrifici che lo hanno portato a fare i conti con questi ‘attimi fuggenti‘, con la fortuna che si deve avere nel coglieri e con la sensibilità per capirli, amarli e immortalarli. Oggi, Niccolò sta aspettando di conoscere il destino di una particolare foto, arrivata in semifinale al SIPA (Siena International Photography Awards), uno dei contest fotografici con la più alta partecipazione internazionale del mondo.
Spiegaci meglio cos’è il SIPA Contest.
“Il contest è arrivato alla sua seconda edizione. Io ho partecipato con 4 foto, 2 per la categoria bianco e nero, una per la categoria viaggi e una per la categoria sport, che poi è quella passata alle semifinali! E’ un contest internazionale che vede la partecipazione di tantissimi fotografi, vere e proprie eccellenze. In giuria ci sono professionisti da tutto il mondo tra cui Francesco Cito, credo anche che sia l’unico italiano”.
Com’è stata l’attesa dopo che hai inviato le foto?
“Mamma mia. Sapevo che i risultati mi sarebbero stati comunicati via mail domenica 12 giugno, giorno in cui, per altro, girava la Tartuca. Ho passato la giornata ad aggiornare la mail per vedere se arrivava qualcosa e, sinceramente, avevo quasi perso le speranze. Poi, sul sito del contest, ho visto che iniziavano ad abbuiare le foto eliminate… E la mia era rimasta! Ma non ho cantanto vittoria fin quando non mi è arrivata la mail di conferma”.
Cosa provi a competere con tanti fotografi provenienti da tutto il mondo?
“Sono senza parole, anche perché quando ho deciso di partecipare non avevo ben capito la grandezza del concorso, ho impiegato un po’ a realizzare. E’ una competizione importante, con foto da urlo… Mai avrei pensato che una mia foto potesse avere la stessa importanza. La foto vincitrice, che verrà decretata il 20 luglio con premiazione a ottobre, sarà pubblicata su riviste e siti di informazione inerenti alla categoria ed è una cosa incredibile anche solo da pensare… Sono stato spronato dagli amici, dalla gente che mi è vicina e sono contentissimo, anche se ho realizzato davvero solo quando mi hanno ammesso in semifinale”.
Da cosa è nata la tua passione per la fotografia?
“Avevo una macchina fotografica che non sapevo assolutamente usare. Poi la mia ragazza mi ha regalto un corso base tenuto da Matteo Castelli e Andrea Sampoli e da lì è partita questa ‘fissa allucinante’… Ho iniziato a fare foto in giro, specialmente duranti i concerti, gli spettacoli di musica, eventi sportivi, nelle contrade e agli spettacoli hip hop di Fundanza. Per adesso resta solo una passione perché il mio lavoro è un altro, ma il mio sogno è quello di renderla una professione vera e propria, magari nel campo del fotogiornalismo”.
Quali sono i tuoi soggetti preferiti?
“Sono molto appassionato di ritratti e foto di strada. Quando posso mi porto sempre dietro la macchina fotografica e cerco di cogliere gli attimi, spesso cerco di passare inosservato per non mettere soggezione al soggetto: voglio che sia il più naturale possibile! Ai concerti, ad esempio, questo accade con molta facilità perché cantanti e musicisti sono concentrati su quello che fanno e si riesce a catturare espressioni e movimenti naturali, le foto in posa non mi piacciono e preferisco affidarmi alla fortuna. Anche la foto che è arrivata in semifinale, ad esempio, ritrae un pugile nell’esatto istante in cui cade al tappeto… Mi sono trovato nel posto giusto al momento giusto”.
Con l’avvento delle nuove tecnologie, delle app di condivisione foto come Instagram, Flikr o lo stesso Facebook, ultimamente si sentono tutti un po’ fotografi…
“Verissimo. Tutti i professionisti dicono che con l’arrivo di questi strumenti, il lavoro del fotografo viene un po’ svalutata. Comunque, dietro una fotografia professionale c’è anche un profondo lavoro di post produzione che va ben oltre i filtri di Instagram e questo si riesce a farlo solo con la competenza e gli aggiornamentiAnche io cerco di aggiornarmi continuamente con corsi, workshop e lezioni”.
L’utilizzo di canali social per far conoscere il proprio lavoro resta?
“Certo! Io cerco di essere presente su tutte le piattaforme, ma la differenza sta proprio nel lavoro dietro alla foto che viene pubblicata, sicuramente diversa da una fatta con il cellulare. Ho una pagina Facebook, Beat Nic – Fotografia, cerco di coinvolgere le persone per farmi conoscere… Il rapporto con il social è importantissimo”. (E trovate le sue belle fotogallery, insieme a quelle di Paolo Lazzeroni, sul nostro giornale: Niccolò, infatti, collabora da qualche mese con Siena News, ndr.)
Per quanto riguarda i corsi e gli aggiornamenti, cosa offre Siena?
“A dire il vero è un po’ sprovvista. La maggior parte dei corsi o delle scuole professionali sono nelle grandi città, i più vicini a Firenze, altrimenti Roma o Milano e sono anche particolarmente costosi. Io cerco comunque di partecipare a tutti quelli a me più vicini per aggiornarmi sempre di più, è un percorso lungo e sempre in divenire… Io ho iniziato nel 2014 e se adesso riguardo le mie prime foto mi sento un incapace! Ciò che faccio ora è completamente diverso… Anche se ci sono foto nate per essere in quel modo e spesso mi dico che, probabilmente, non le cambierei, specialmente quelle a cui sono affezionato”.
E come ti trovi dall’altra parte dell’obbiettivo?
“Malissimo! Non ho idea di quanto tempo sia passato dall’ultima volta che mi sono fatto fare una foto… Anche perché ormai sento come se fosse un ‘mio compito’, una cosa che spetta a me e che voglio fare come piace a me”.
C’è una foto che ami in particolar modo?
“Sì, è una di quelle che ho presentato al contest, anche se è stata scartata. Ero in vacanza con Agnese sull’isola di Gavdos, a sud di Creta, dove c’è un bar particolarissimo gestito da una famiglia, il caffè più a sud di Europa. Ecco, il figlio dei gestori stava giocando sull’altalena con il sole alle spalle, unìimmagine in controluce particolarissima che ho fotografato: quella è la foto che mi piace di più”.
La tua firma, Beat Nic, è molto particolare. Da dove arriva?
“L’ho preso da un complesso anni ’60 che suonava un genere di musica che mi piace, la musica beat, appunto. Mi ha permesso di giocare anche con il mio nome!”
Arianna Falchi