Alla presenza di numerosi rappresentanti delle Compagnie Laicali di Siena, si è svolta nella chiesa di Sant’Agostino a Monticiano la presentazione del nuovo reliquiario realizzato proprio da un figlio di questa terra, l’artista Carlo Pizzichini. È stato un momento solenne e di grande intensità per l’annuncio dei festeggiamenti decennali di giugno prossimo, in onore del Beato Patrizi, nato a Siena, nella contrada dell’Aquila e ritiratosi prima a Lecceto e poi nel convento di Monticiano dove è ancora molto venerato. Le sue reliquie, ora custodite nel reliquiario di bronzo, vetro e argento, verranno esposte in Duomo a Siena per una settimana, a partire dalla domenica in Albis, così come da tradizione ospitando in quel tempo, dopo la Santa Pasqua, immagini venerate nel circondario.
Pizzichini parlando dell’opera, afferma che “non esistono molte immagini che raffigurano il Beato Antonio: una scultura di (1755) di Giuseppe Maria Mazzuoli nella chiesa di Sant’Agostino a Siena, un’altra a Montepulciano di Giuseppe Silini fine 1700 oltre che quelle dell’altare maggiore, della sala capitolare e del capolavoro assoluto di Rutilio Manetti, nella chiesa di Monticiano”.
La scelta radicale è stata quella di non fare un reliquiario tradizionale, che normalmente si esplica con il busto del Santo o con una sorta di vistoso ostensorio, ma di realizzare qualcosa di più popolare, una scultura vera e propria, dove il Beato, in soave estasi porge alla gente di Monticiano le proprie reliquie per l’adorazione. Cioè è il Beato stesso che sostiene le reliquie ribadendo a tutti la veridicità del suo operato e della sua santità.
Le reliquie sono state raccolte in una scheggia di cielo, un triangolo blu mistico, una goccia luminosa, un pezzo di roccia, gentilmente concessa dalla Vetreria La Diana, e magistralmente incastonata con l’ariento, come un maestoso gioiello, dalla Bottega orafa Il Galeone, mentre la Fonderia Del Giudice, ha realizzato la fusione e la cesellatura, che rende luminosa la superficie, senza alterare le sue caratteristiche scultoree, che sono la forza di questo lavoro. L’iconografia inoltre detta la veste degli agostiniani, i gigli identificativi del Beato e la chiesina dell’eremo di Camerata, caro a tutto il popolo di Monticiano. Vigila su tutto una croce fatta di due legni del bosco legati semplicemente tra di loro, con una fedele aderenza alla realtà che bilancia invece il modo più evocativo del resto della scultura.
Aggiunge Pizzichini: “Intendo ringraziare di cuore per questa committenza religiosa perché potrebbe aprire davvero ad alcune importanti riflessioni a proposito del sacro nell’arte contemporanea. Per coloro che seguono l’arte dei nostri tempi, non sarà sfuggito, come nei luoghi deputati alle esposizioni, vi sia la totale assenza di opere di arte contemporanea a serio carattere religioso, oppure, se ne troviamo, l’atteggiamento verso la religione passa spesso dall’ironia o dall’irriverenza. Il distacco, lo spezzarsi del legame tra arte e religione, non va letto solo come un tradimento del mondo artistico, già segnalato da Paolo VI nel suo famoso Messaggio agli Artisti (8 dicembre 1965), ma ha radici profonde, che hanno portato oggi ad un divario quasi insanabile. L’esclusione automatica da quel sistema ha indotto a coltivare negli artisti una religiosità intima, nascosta, e, vedo la sola speranza alla quale potersi aggrappare, nell’auspicio di nuove forme di dialogo che sappiano riscavare le nostre radici e riportarle alla luce. E questa occasione del reliquiario per il Beato Antonio Patrizi ne è testimonianza. Per cui grazie ancora”.