La torre di Sant’Ansano svetta alta sulla sommità di una collina. Il nome richiama immediatamente quello del patrono di Siena ma no, la sua edificazione è bene più tarda, è, probabilmente, uno dei tanti luoghi che ne tramandano la venerazione portandone il nome.
Oggi resta solo la torre ma in origine vi sorgeva un castello omonimo del quale abbiamo notizie fin dal 1171. Esso fu un importante fortilizio dei Piccolomini e dei Tolomei. Immerso nei boschi della Valle della Fusola (sapete quel fiume, con quell’eremo che, si dice, fu la casa del beato Lippi da Grotti e con i resti di antichi mulini davvero suggestivi, ma di questo ne dobbiamo ancora narrare), nei pressi della Pieve di San Giovanni Battista a Corsano, ebbe anche una importante chiesa, posta all’interno delle mura difensive del castello.
Questo antico cassero fu uno dei più importanti insediamenti medievali di questa valle e fu anche sede di uno dei tanti “comunelli” che punteggiavano la campagna intorno a Siena. circondavano lo spazio delle solo. La parola “Comune” non va intesa nell’accezione moderna ma come “sede di comunità” e per questo, tenuti ad avere un’ amministrazione, con tanto di sindaco (il camerlengo) e di assemblee pubbliche per gestire il territorio di competenza. Inoltre erano tenuti a svolgere poche ma importanti funzioni, come quella delle denunzie dei beni (Lira), per le quali poi Siena stabiliva la base imponibile per tasse e “gravezze”. Sant’ Ansano rimarrà “comune” fino agli inizi del XIX secolo con i suoi antichi annessi di Santa Lucia, Santa Margherita, la Selva, Campo a Pago, il Molino, Palazzuolo e Chiostro.
Diversi documenti, alcuni tratti dallo Statuto dei Viarii, che, come scrive giustamente Augusto Codogno (che ringrazio per le informazioni che mi ha fornito), era una specie di “Anas” del tempo, parlano della viabilità dell’area alla fine del XII secolo, menzionando più volte tratti carreggiati che passano per questa zona e i cui lavori di rifacimento, allargamento e manutenzione, coinvolgono anche Sant’Ansano Gherardi che, doveva compartecipare, con uomini e che con denari.
Il toponimo completo: “Sant’Ansano Gherardi”, ha subito diverse variazioni nel corso dei secoli e non è passato indenne da trasformazioni, pur rimanendo caratterizzato dalla chiara fonia “Longobarda”. Lo troviamo infatti scritto: “Sancto Sano Lo Gobardi” “S. Sano Lo Gerardi”, “Logarardi”, “Logherardi” ed anche il santo, fino agli inizi del diciannovesimo secolo era appellato come “Sano” e non “Ansano”.
Emanuele Repetti nel suo “Dizionario Geografico Fisico e Storico della Toscana” scrive, nel 1833 che “ il castelletto è ridotto attualmente ad una torre situata sopra il torrente Sorra (…) nel popolo di SanGiovanni Battista a Corsano”. Egli ricorga che GirolamoGigli 8siamo nel XVI secolo) nel suo Diario Senese dice che “Sa-Sano Gherardifu feudo un tempo dei marchesi Patrizij, ma innanzitutto in questo uogo il Comune di Siena teneva un giudiscente minore (per amministrare la giustizia, segno di un insediamento importante, n.d.r.).
Tornando alla torre, che è ciò che ora rimane in evidenza (è proprietà privata, se volete visitarla basta chiedere al proprietario, il signor Costantino Zanda, che ringrazio per l’accoglienza) che vi fornirà anche interessanti racconti sul luogo), abbiamo notizie fin dall’inizio del ‘300 colpisce il fatto che sia stata danneggiata (manca una fiancata, come se qualcuno ne avesse voluto smussare gli angoli) e la sommità (che nelle immagini antiche era merlata) non tanto dalle scorrerie di soldati di ventura o dagli strascichi delle guerre giunti fino a qui (una su tutte: la Guerra di Siena rispetto alla quale si legge: ““Il di detto (10/09/1554), gl’ mperiali con mille fanti e 100 cavalli , e con un pezzo di artiglieria, andorno (andarono) al palazzo delle Stine di casa Fantoni, e lo presero a patti, e vi messero la guardia; andorno al palazzo di Grotti degli Azzolini: quelli che erano dentro s’arresero senza patti, e furono fatti prigioni (prigionieri); e di poi andorno al palazzo di San Sano Gherardi dei Tolomei, e lo presero nel medesimo modo; e bruciorno il palazzo della Villa al Piano di casa Severini”), ma dagli eventi atmosferici.
Ogni danno, infatti, è stato fatto da un fulmine caduto sulla torre (gli ultimi risalgono al secolo scorso) quasi fosse stata lì per attirate le ire del cielo a protezione di chi si prendeva cura di ei e la preservava sulla terra (le spiegazioni scientifiche, cioè il fatto di essere stata costruita con materiali che attiravano le scariche elettriche è meno romantica e la lascio alla vostra curiosità).
Maura Martellucci