Nel colle di Sant’Elia vicino al Bosco sacro del Monteluco si erge Spoleto, l’antica capitale dei duchi longobardi ricca di arte di ogni epoca, anche quella contemporanea con il Festival dei Due Mondi. Antico centro abitato dal popolo italico degli umbri, che hanno lasciato in eredità la prima cerchia difensiva delle mura ciclopiche, Spoleto divenne prima colonia e poi municipium romano.
In seguito alla caduta della parte occidentale dell’impero passò di mano dai visigoti di Teodorico agli ostrogoti di Totila ai bizantini di Belisario e Narsete. Fu poi appunto capitale dell’omonimo ducato longobardo fino a quando non fu conquistata dall’impero carolingio. Nel basso medioevo
fu a lungo contesa da guelfi e ghibellini fino a quando il cardinale Albornoz la assicurò alla Chiesa e ne fece un importante centro dello Stato Pontificio fino alla nascita dell’Italia unitaria.
Oltre duemila anni di storia immersi tra gli uliveti e i vigneti dell’Umbria che hanno reso questa città un vero e proprio museo a cielo aperto con opere artistiche ed architettoniche in ogni angolo. All’epoca romana appartengono l’arco di Druso e Germanico, la porta che permetteva l’accesso all’antico foro, e la Casa romana, una domus costruita in età imperiale, i cui spazi conservano i bellissimi mosaici nel pavimento e riflettono lo schema tipico delle case patrizie.
Sulla sommità del colle di Sant’Elia domina maestosamente la città la rocca Albornoziana, il simbolo del potere esercitato a Spoleto dai papi. Alla struttura, nel 1300, era affidato il compito di essere il baluardo difensivo più importante nel sistema di fortificazioni che Papa Innocenzo VI aveva fatto costruire per difendere l’autorità ecclesiastica nell’Italia centrale. La fortezza prende il nome dal potente cardinale spagnolo Albornoz, colui che gestì i lavori di costruzione. La Rocca è il simbolo della città e si divide in due aree: il Cortile d’onore, che un tempo aveva funzioni di rappresentanza e che oggi ospita il Museo nazionale del Ducato, e il Cortile delle armi. Sotto al castello c’è invece il maestoso Ponte delle Torri, costruito sui resti di un acquedotto romano. Il ponte ha una lunghezza superiore a 200 metri ed una altezza di 9, si innalza su dieci arcate e collega il colle di Sant’Elia al Monteluco. Purtroppo è ancora inaccessibile al pubblico dopo il grave terremoto che colpì la regione nel 2016.
Ci sono poi le tantissime chiese come quella di San Salvatore, Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO, meraviglia dell’arte paleocristiana e fusione delle culture bizantina e longobarda. Tra le chiese da vedere c’è ovviamente anche l’altro simbolo cittadino insieme alla rocca Albornizia: il duomo di Spoleto, una delle meraviglie del periodo romanico italico che conserva dei veri e propri tesori artistici. Edificata nella seconda metà del 1100, la Cattedrale ha subito molte modifiche durante i secoli: nella facciata furono infatti aggiunti dei portici che hanno uno stile rinascimentale, gli ambienti interni invece sono in stile barocco. Il Duomo ha una struttura a croce latina, nelle navate laterali sono presenti alcune cappelle con opere di moltissimi artisti tra cui il Pinturicchio e l’artista toscano Filippo Lippi (che proprio qui ha la sua tomba). Nella cappella delle reliquie, oltre alla Deposizione di Gesù Cristo di Pietro Abruzzi si può trovare un’importante reliquia: una lettera autografa di San Francesco inviata a frate Leone. All’interno dell’ultima cappella della navata destra si può osservare insieme ad una reliquia di Beato Papa Giovanni XXIII una splendida croce di legno raffigurante un Christus Triumphans. Il crocifisso presenta caratteristiche molto particolari, come il teschio di Adamo che raccoglie il sangue di Cristo sul Golgota e la firma dell’autore, Alberto Sozio insieme alla data indicata con A.D. 1187. Alberto Sozio fu il pittore più importante della scuola romanica spoletina, e le sue qualità stilistiche risultano veramente mirabili per l’epoca come si può notare nelle trasparenze della veste del Cristo e nei panneggi classicheggianti dei dolenti nel tabellone centrale.
Leggermente staccata dal contesto urbano, nell’immediata periferia si trova l’antichissima chiesa di San Ponziano, che prende il nome dal martire patrono della città. La chiesa sorge infatti sopra la necropoli romana dove il santo, un soldato romano che ha pagato la sua conversione al cristianesimo con la morte, probabilmente è stato sepolto. L’interno della cripta è ricco di interessanti affreschi in cui i santi e altri personaggi della tradizione cristiana sono rappresentati con un’iconografia molto originale, è presente inoltre una colonna con il capitello al contrario.
Vicino al Duomo di Spoleto si può trovare il Museo diocesano che ha sede all’interno del Palazzo arcivescovile, un luogo dalla continuità storica impressionante visitabile in questi giorni grazie a Lux Mundi, una serie di visite guidate organizzate da Opera Civita. Prima di diventare monastero femminile benedettino fu sede dei duchi longobardi che a loro volta utilizzarono l’edificio risalente all’epoca romana pertinente al foro. Il museo si estende nell’area denominata “Appartamento del Cardinale” che un tempo accoglieva principalmente croci dipinte della grande tradizione spoletina anche se in seguito al terremoto del 2016 sono state inserite opere provenienti da edifici colpiti dal sisma soprattutto della Valnerina. La sala Barberini prende il nome dallo stemma della casata dipinto sul soffitto, rappresentata da uno dei vescovi più importanti di Spoleto, Papa Urbano VIII che promosse la ristrutturazione del Duomo. La sala è stata adibita a spazio espositivo nel giugno 2018 in occasione della mostra: I capolavori del trecento e alcune opere da allora sono rimaste esposte come la particolare scultura di Simone Ferrucci chiamata la Madonna Bianca per via dell’inserto in marmo all’interno del supporto ligneo, talmente apprezzata che la chiesa in cui veniva conservata ha preso il nome della scultura.
Insieme alle numerose opere religiose del ‘300 sono conservate anche pale d’altare e trittici quattrocenteschi che riprendono nettamente lo stile del secolo precedente. Gli artisti locali spesso non erano aggiornati sulle novità stilistiche romane e toscane e preferivano attenersi al gusto dei committenti legato alla tradizione. Con questa premessa si può capire meglio la scelta di Filippino Lippi di inserire nella sua opera un fondo oro, dettata dalla richiesta dei committenti, nonostante il suo stile rinascimentale non prevedesse affatto l’utilizzo di questa tecnica. La pala rappresenta la Madonna con il Bambino ed i santi Bartolomeo e Montano, molto amati dalle comunità rurali. L’opera veniva custodita in una chiesa a San Todiano, e il motivo per il quale una chiesa così isolata potesse vantare il capolavoro di un artista molto famoso all’epoca, probabilmente era dovuto al fatto che i norcini durante l’inverno lavoravano come doganieri tra il Granducato e lo Stato Pontificio, venendo a contatto con notevoli maestranze alle quali venivano commissionate le opere. Tra gli artisti toscani esposti è presente anche il senese Beccafumi la cui opera rappresenta la natività, in cui la tela pare illuminata dal candido pallore di Gesù Bambino.
Il Salone dei vescovi è stato aperto al pubblico da pochi anni, al centro della sala troneggia uno splendido lampadario di vetro e alle pareti sono ritratti tutti i vescovi dell’arcidiocesi che si sono succeduti fin dal primo secolo d.C. La serie inizia dunque con il ritratto idealizzato di San Brizio di Gerusalemme, primo vescovo dell’Umbria nominato da San Pietro, fino ad arrivare all’ultimo ritratto dell’ex vescovo Riccardo Fontana, attuale vescovo d’Arezzo. Due ritratti hanno dimensioni maggiori, sono i dipinti dei due vescovi che diventarono papi, ovvero Papa Urbano VIII e Pio IX.
Lo stemma Barberini compare molto spesso nel palazzo, ma la testimonianza artistica più consistente lasciata dal Papa è l’imponente busto di bronzo che lo ritrae in modo molto realistico e dettagliato eseguito da uno dei più grandi maestri della scultura barocca, ovvero Gian Lorenzo Bernini. L’opera, completata nel 1640 era originariamente collocata presso la controfacciata del Duomo, dove adesso è presente una copia. Attraversando il Passetto si giunge infine all’interno della chiesa di Sant’Eufemia, risalente alla prima metà del nono secolo d.C. dalle caratteristiche architettoniche che la rendono unica non solo nel panorama regionale ma anche nazionale. L’interno è molto particolare, presenta un piano nobile caratteristico delle chiese palatine e tre navate e absidi facilmente visibili dalla piazza del Duomo. Non sono presenti transetti e presbiteri rialzati e l’interno appare principalmente spoglio. Tra le caratteristiche più interessanti possiamo notare che le colonne e i capitelli presenti sono diversi tra loro, fanno parte infatti di una serie di colonne romane e altomedievali e architravi utilizzate come materiale di ripiego. L’esterno della chiesa nella sua semplicità è un perfetto esempio di stile romanico umbro.
Clelia Venturi
Marco Crimi