Terremoto su tela. Potrebbe essere descritta così la nuova, assurda, opera d’arte che s’incontra visitando “La bellezza ferita”. E’ una rielaborazione, prepotente e non gradita, de Il Crocefisso e i santi Spes ed Eutizio, originariamente posta nell’Abbazia di Sant’Eutizio a Preci. I colori usati dal sisma per il suo intervento sono quelli della polvere e quelli della pioggia, una pioggia che macchia. Chissà cosa direbbe l’autore del dipinto originale, Cristoforo Roncalli detto Pomarancio, vedendo lo scempio. O cosa esclamerebbero altri pittori notando la tridimensionalità improvvisa di alcuni quadri, deformati e gibbosi per via di buchi e protuberanze.
Il terremoto sembra essersi divertito a buttare giù chiese, a scarabocchiare quadri, a smontare statue lignee. Come fosse un terribile grosso infante cattivo, una proiezione ingrandita di quel bimbo che all’asilo ti rompeva sempre i giocattoli. L’accanimento su alcune Crocefissioni del Cristo lignee, poi, sembra quasi beffardo. Una, presente nell’antico spedale, è priva del volto; un’altra, che è nella Cripta del Duomo, è spaccata e piallata.
Oltre al valore intrinseco delle opere presentate al Santa Maria della Scala e nei sotterranei della Cattedrale, quello che impressiona è la presenza costante del terremoto, come se fosse una sua “personale”. Passeggiando per l’allestimento scarno, così per scelta e per necessità, si sentono e si vedono i filmati degli interventi dei Vigili del Fuoco nei paesi terremotati.
Guardando le immagini delle macerie quasi ci si stupisce dell’eroica presenza delle opere d’arte esposte nella mostra. Sembra che abbiano lottato, si siano sporcate, ammaccate, rotte, ma che non abbiano ceduto la propria anima al terremoto. Hanno cercato il più possibile di continuare a essere ciò per cui erano state create: testimoni di bellezza. Perché in natura la bellezza la percepisci sì, ma non riesci a catturarla, a fermarla. L’arte è il disperato ed eroico tentativo dell’essere umano di racchiudere, definire e rendere eterno il bello che la vita, con parsimonia, ci offre. A queste opere la natura stessa ha cercato di togliere quello che l’uomo gli ha dato. Un uomo osservatore, sognatore e costruttore. Un uomo che ha voluto lasciare queste testimonianze di bellezza a chi è venuto dopo. Un uomo che non si sarebbe arreso davanti alla voracità negativa del terremoto, che avrebbe sfidato ricostruendo ciò che è rotto o buttato giù. Un uomo che queste opere ci chiedono ti tornare a essere.
Emilio Mariotti
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