Secondo Paolo Benvegnù, che domani porterà in scena al Teatro dei Rozzi lo spettacolo musicale “H3+ – Dai primordi della Terra al mondo vegetale”, Siena è un autentico mondo irreale
E’ sempre importante stabilire un modo appropriato per chiudere un ciclo o una fase della propria vita; mettere un punto per dare un senso a tutto ciò che ci sta prima. Per questo, per concludere degnamente il suo trittico di album sulla storia dell’uomo (“Herman”, “Earth Hotel” e l’ultimo “H3+”), che il cantautore milanese Paolo Benvegnù ha deciso di mettere in scena lo spettacolo “H3+ – Dai primordi della Terra al mondo vegetale”. Sul palco, accanto ai musicisti, ci sono un teatrino di marionette e un registratore, con il racconto di quello che è stato, quello che è e quello che sarà.
Domani, alle 21 al Teatro dei Rozzi, Paolo Benvegnù e il suo prezioso immaginario porteranno in scena “H3+” nella nostra città, nell’ambito della rassegna TeatrInscatola promossa da Straligut.
Quello di domani, non sarà un concerto ma uno spettacolo teatrale, perché?
«In realtà, questo spettacolo è formato anche da una parte musicale. Ci saranno canzoni tratte dai miei ultimi tre dischi, che sono una piccola storia dell’uomo: passato, presente e futuro. Ci saranno elementi di teatro popolare, come, per esempio, le marionette. Anche noi musicisti saremo in parte figuranti sulla scena. L’idea è stata quella di trarre fuori dalla musica un immaginario».
In questo immaginario, in futuro arriveremo a un nuovo mondo vegetale. In che cosa consiste?
«Nell’ultimo album, “H3+”, io e i miei compagni ci siamo immaginati di fare un viaggio interstellare per poi tornare sulla Terra sotto forma di pioggia. Come se fosse una ripartenza da basi più pulite e lucide. Penso che, per quanto riguarda la lucidità e il senso della trasformazione che avviene nella vita, il mondo vegetale possa darci grandi lezioni».
E’ questo il tipo di futuro che vorrebbe fosse lasciato a chi verrà dopo di noi?
«Diciamo che, andando avanti negli anni, riesco sempre meno a fare distinzione tra i vari esseri viventi. Quello che mi auguro per il futuro, è una ripartenza pulita e ricca di stupore. Bisognerebbe essere bianchi come gigli o come una sorgente che nasce dai monti. Sono queste le metafore. Mi piacerebbe che recuperassimo il senso del pudore e, perché no, del miracolo. Probabilmente avremmo più comprensione per l’“altro”.
E’ una visione della vita accostabile a quella delle filosofie orientali?
«Non saprei, non le conosco bene. Quello che mi sembra oltraggioso della contemporaneità, è il tentativo di accorciare il tempo di comprensione delle cose. In fondo, abbiamo lo stesso numero di battiti cardiaci e di neuroni di duecentomila anni fa. E’ per me il grave errore del mondo occidentale».
Questo percorso è frutto di un suo momento di riflessione personale o generale?
«Sono arrivato a 52 anni e quindi la vita “anelante” l’ho fatta tutta. Mi sono accorto, con mio estremo rammarico, di avere agito spesso come una marionetta e proprio per questo i burattini saranno sul palco. Ero una “marionetta del desiderio” e invece, a mio modestissimo parere, è la conoscenza del proprio limite che ci può far pensare a un’aspirazione più opportuna. Il fatto di andare a vivere in un mondo digitale creato dagli uomini ma non adatto alle funzioni umane, rischia di farci dimenticare il senso vero delle cose».
Quella al Teatro dei Rozzi, non sarà la sua prima esibizione a Siena. In generale, un artista si accorge dei mutamenti delle città in cui passa, seppur fugacemente?
«Mettiamola così, Siena l’ho praticata più per piacere che per dovere! Quando vivevo a Firenze o a Prato, spesso venivo di notte nella vostra città per “sentire” la bellissima dualità che penso abbia: è fortemente ombrosa e orgogliosamente solare. Adesso è molto tempo che non ci torno, quindi sono curioso di osservare la nuova weltanschauung senese. Quando vengo a Siena, non riesco a non sentire le vite che ci sono state e quelle che ci saranno. Per me, per certi versi, il fascino della vostra città è immutabile e ricordo quando, venendo da Milano, la trovassi un mondo irreale. E così mi aspetto di ritrovarla».
Nel suo percorso artistico, non si è risparmiato in omaggi o citazioni ad artisti importanti, come, per esempio, i Radiohead, Ivan Graziani e David Bowie. Come si approccia alle rielaborazioni di canzoni altrui?
«Come uno studente di prima elementare. Trovo che sia i grandi maestri che i bambini più piccoli possano dare lezioni a tutti. Ad esempio, quando vedo una madre accarezzare il proprio figlio, ci vedo una poetica altissima come quella di Buzzati, di Omero o degli scritti sacri. Siamo fortunati a vivere nel nostro reale così approssimativo. Penso che la vita sia qualcosa di realmente stupefacente».
Quali saranno i progetti che seguiranno questo tour?
«L’idea è quella di avere nuove intuizioni, anche presuntuose e fallibili come quella di ripercorrere la storia dell’uomo. Mi piacerebbe, in futuro, diventare una cantante bravissima. Sono padre, ma in realtà, per quanto riguarda la musica, mi piacerebbe essere una madre, pronta ad accudire e a consolare».
Emilio Mariotti