Domani, sabato 25 gennaio, alle 11 all’ex Istituto Psicopedagogico di Via Roma 75, attraverso la presentazione del volume ‘Idioti ed imbecilli’ e la proiezione del documentario ‘C’era una volta il manicomio a Siena’ verrà raccontata l’unicità di Siena nel campo dell’accoglienza dei bambini in manicomio.
I bambini sono entrati in Manicomio a Siena per la prima volta nel 1880. Erano piccoli frenastenici, come si diceva allora, maschi, ai quali si poteva dare almeno un rifugio, forse un nido, o soltanto una tana, e poco più. Ma nel 1911 viene inaugurato a Siena l’Istituto D’Ormea. Il primo del genere in Italia, con gestione del tutto autonoma rispetto all’Ospedale Psichiatrico. Fu un notevole passo avanti nella “cura” dei minori con difficoltà e disagi comportamentali. Un passo avanti nel senso di “prendersi cura”, cioè di non abbandonarli, ma di impegnare medici, infermieri, e insegnanti nel tentativo di aiutare bambine e bambini disagiati. C’erano la scuola e i laboratori : leggere, scrivere e far di conto e, se possibile, un mestiere. I risultati ? Quasi la metà vennero dimessi dalla Scuola guariti o migliorati. Degli altri una parte fu trasferita ad altri istituti per competenza territoriale, una parte passò al Manicomio vero e proprio, ma di questi metà furono poi dimessi, e una piccola parte morì nell’Istituto. Per i minorenni “psichicamente anormali” alla fine dell’ottocento e per quasi tutto il novecento, non vi erano “cure” specifiche e risolutive. E Siena, in quegli anni, faceva per i bambini in manicomio quello che in tante altre realtà simili, era un traguardo positivo, molto spesso irraggiungibile e quasi mai raggiunto.
Nell’occasione verranno aperte, in via straordinaria, parti dell’edificio e del parco ormai da anni chiuse al pubblico. Sarà l’occasione per m olti giovani di conoscere una realtà a loro totalmente sconosciuta.
L’Ospedale psichiatrico S. Niccolò fu fondato nel 1818, ma i bambini “matti” vi sono stati rinchiusi a partire dal 1880.
Già nel libro di Vasconetto troviamo foto d’epoca, in alcuni casi un po’ sbiadite, ma non per questo meno cariche di senso e significazione, che hanno bloccato istanti di vita. Reso immortali momenti tratti da percorsi formativi e pedagogici. La fotografia come testimone di verità, per raccontare realtà terribili: bambini abbandonati in questi luoghi solo perché nati, in grande prevalenza, da mamme non sposate, oppure non in grado di mantenerli. Storie strazianti, dove bimbi e adolescenti si trovavano a scontare, molto spesso, “debiti” scritti su aberranti codici morali, che condannavano, a priori, quello che non rientrava in una normalità dettata da quel contesto temporale e, cosa ancor più grave, senza nessun discernimento scientifico.
Realtà lontane dall’oggi, ma capaci di stimolare riflessioni per non commettere e ripercorrere errori che la nostra contemporaneità può, purtroppo, ripetere nel confrontarsi con il “diverso”. Per questo Costante Vasconetto vuole portare il suo lavoro all’interno di plessi scolastici, così che gli studenti, a partire dalle scuole medie, possano avere la possibilità di un raffronto con problematiche e situazioni che, solo apparentemente, sono lontane dal loro vivere quotidiano.
“Il Manicomio, o Ospedale Psichiatrico di S. Niccolò, fu fondato a Siena nel 1818 – racconta Vasconetto nel libro – . In realtà si trattava di un antico palazzo, un monastero, costruito molti secoli prima. All’origine infatti era un Convento per Monache di Clausura, abituate a vivere quasi sempre da sole, isolate. Ciascuna chiusa dentro la sua piccola cella, quasi imprigionata, a pregare. Da allora, cioè duecento anni fa, al posto delle “suore” dentro le celle vennero rinchiusi i “matti”. I matti sono una strana categoria di persone, difficili da definire. Che hanno poi, proprio per questo, tanti nomi diversi. Si possono chiamare anche MENTECATTI (mente captus, che in latino vuol dire “privo di senno”). Ma si usa anche la parola FOLLE, PAZZO, MANIACO, ALIENATO MENTALE, DEMENTE, LUNATICO; e poi anche “strullo”, “deficiente”, “sciroccato”, “balordo”, “imbecille”, “sciabordito”, “scapestrato”, “sconclusionato”, ecc., ecc..
I bambini “matti” sono stati rinchiusi in Manicomio a Siena per la prima volta nel 1880. Erano piccoli frenastenici, come si diceva allora, maschi, ai quali si poteva dare almeno un rifugio, forse un nido, o soltanto una tana, e poco più. Ma nel 1911 viene inaugurato a Siena l’Istituto D’Ormea. Il primo del genere in Italia, con gestione del tutto autonoma rispetto all’Ospedale Psichiatrico degli adulti. Fu un notevole passo avanti nella “cura” dei minori con difficoltà e disagi comportamentali. Non erano più abbandonati a loro stessi, soli in locali squallidi tutto il giorno. Ma ci furono medici, infermieri, e insegnanti a “prendersi cura” di loro. Ad aiutare veramente bambine e bambini disagiati. C’erano la scuola e i laboratori : per imparare a leggere, scrivere e far di conto e, se possibile, un mestiere.
I risultati ? Quasi la metà vennero dimessi dall’Istituto guariti o migliorati. Degli altri una parte fu trasferita ad altri istituti per competenza territoriale, una parte passò al Manicomio vero e proprio. Ma di questi, quasi tutti furono poi dimessi e rimandati a casa. Per i minorenni “psichicamente anormali” alla fine dell’ottocento e per tutto il novecento, non vi erano “cure” specifiche e risolutive. E Siena, in quegli anni, faceva per i bambini “disturbati” quello che, al giorno d’oggi, non viene ancora fatto in quasi tutti i paesi del mondo..”.