Morire di fame o di malaria? E’ questa la “scelta” che si poteva presentare agli occhi di un contadino senese dell’Ottocento. La fame sarebbe stata da patire in casa, su quelle nostri dolci colline ora molto trendy e ricche. La malaria , invece, sarebbe stata da buscare in Maremma, dove stagionalmente confluivano agricoltori da tutta la Toscana per la mietitura e la raccolta delle olive. Le terre fra il grossetano e l’alto Lazio, non ancora bonificate interamente, erano sì fertili, ma avevano il problema delle paludi, quindi delle zanzare anofele e della malaria. Chi vi andava, in cerca di un po’ di lavoro, sapeva che lì ci sarebbe anche potuto morire. E questa consapevolezza era nella mente, nelle lacrime e nelle voci rotte delle mogli che salutavano i mariti che partivano. Questa canzone, “Maremma amara”, parla proprio di questo. L’alternativa fra la morte e la malattia era, spesso, l’unica possibilità degli ultimi. Il mondo tratteggiato dal testo del canto è tanto distante dal nostro e dalla nostra idea di Maremma, tutta agriturismi o spiagge affollate. Quella che è ora la terra del nostro svago e del nostro riposo è stata per anni un luogo di “pane” faticoso e ammalato. Un luogo che, secondo il canto, spogliava gli uccelli delle piume e le persone delle vite.
“Maremma amara” è indubbiamente il canto popolare toscano più noto al mondo, tanto da essere entrato, ormai, nel repertorio di molti artisti internazionali. Una bellissima versione, per esempio, è quella che venne fatta della regina del fado Amália Rodrigues. La crudezza delle parole e la dolenza della melodia della canzone aprono ancora oggi i cuori di chi le vuole ascoltare. La sua diffusione a livello internazionale si deve al lavoro di raccolta, effettuato nei primi anni ’60 del Novecento, della cantante folk ed etnomusicologa Caterina Bueno. Il testo sembrerebbe dei primi del XIX secolo, mentre la musica riprende quella di “Partire partirò”, un canto di protesta contro la coscrizione obbligatoria applicata sotto Napoleone.
Esistono tante versioni differenti di “Maremma amara”, quella cantata usualmente a Siena è quella che presentiamo di seguito. Esistono, poi, alcune varianti contradaiole.
Tutti mi dicon Maremma, Maremma…
Ma a me mi pare una Maremma amara.
L’uccello che ci va perde la penna
Io c’ho perduto una persona cara.
Sia maledetta Maremma, Maremma
sia maledetta Maremma e chi l’ama.
Sempre mi trema ‘l cor quando ci vai
Perché ho paura che non torni mai.
Emilio Mariotti
Si ringrazia Michele Masotti per l’aiuto
(Riferimenti bibliografici: Riccardo Venturi https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=48990)
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