C’è ancora un ultimo sprazzo di tempo per votare per quel censimento di monumenti e luoghi da salvare e valorizzare organizzato dal FAI, i “Luoghi del cuore”, il cui vincitore gode di un finanziamento grazie anche al cointeressamento da parte di Intesa San Paolo.
A Siena abbiamo un “luogo del cuore” che, già in passato, ha provato a farsi conoscere e che, anzi, nell’ultima edizione ha ricevuto un numero cospicuo di segnalazioni. Non sufficienti, tuttavia, a farlo vincere.
Ci riprova anche quest’anno, e il soggetto di cui si parla ha il nome di Conolly. il padiglione dell’ex Ospedale Psichiatrico di San Niccolò che sta letteralmente cadendo a pezzi. Gli è stata messa una (orribile, ma in emergenza non si può guardare per il sottile) copertura provvisoria, per evitare che le intemperie finiscano per farlo crollare del tutto, ma necessiterebbe di un intervento radicale e, inutile negarlo, costoso, tanto che fino a questo momento nessun ente cittadino se l’è sentita di assumersene il carico. Non basterebbe, da sola, certamente nemmeno la vittoria nel censimento FAI per coprire tutte le spese, ma di certo aiuterebbe non poco.
Perché ci scaldiamo tanto per questo “rudere”? Perché il padiglione, pensato nelle forme del panopticon (quella struttura carceraria inventata da Jeremy Bentham a fine ‘700 come edificio in cui una sola persona potesse tenere d’occhio tutti i reclusi) e intitolato a John Conolly, un famoso psichiatra inglese morto nel 1866, progettato nel 1875 dall’architetto Francesco Azzurri, è uno degli ultimissimi (non raggiungono il numero di cinque) ancora esistenti in Italia. E’ organizzato in forma ellissoidale e sui suoi lati si aprono le celle di sicurezza (all’epoca munite di materassi lungo i muri) destinate agli ammalati psichiatrici definiti “clamorosi”, cioè quei soggetti che presentavano patologie particolarmente critiche per sé e per gli altri.
Per la sua possibile destinazione se ne son pensate di tutte: centro culturale, luogo di manifestazioni e spettacoli, museo e quant’altro, ma la realistica prospettiva è quella di avere, fra qualche tempo, un bel cumulo di macerie sulle quali scrivere “Qui sorgeva il Conolly, panopticon deceduto per mancanza di fondi e per scarso interesse collettivo”. E quando diciamo collettivo ci riferiamo a tutt’intera la comunità locale che non ha mai preso del tutto coscienza del patrimonio documentario e delle potenzialità che il complesso del San Niccolò offre per capire la storia della psichiatria e dei ricoverati che, fino a tempi recentissimi, hanno popolato questa città nella città.
Monta la rabbia, perché se si pensa che a Venezia l’ospedale psichiatrico ospitato a San Servolo si è riconvertito in un frequentato museo (di vecchissima tipologia; obsoleto; inattuale; di quelli basati sulla cifra “oggetto-didascalia”, ma tuttavia ancora capace di parlare, comunicare e far capire) basandosi su un patrimonio espositivo né eccessivo né eccezionale; monta la rabbia, si diceva, a pensare alle potenzialità che avrebbe il San Niccolò di Siena per creare, dove ora c’è l’università, un museo della psichiatria in grado, sulla base delle nuove concezioni museali e delle tecnologie, di scrivere una pagina fondamentale della storia di questa scienza e delle vite che essa si prese, nel bene e nel mele, in carico per poco meno di due secoli.
Il Conolly che sta sparendo è la metafora di questa scarsa sensibilità. Nel 2018, per i 200 anni della fondazione del manicomio, c’era stata una rutilante enunciazione di progetti per celebrare l’avvenimento in maniera non effimera. Quello che è stato fatto (compreso il bel recupero del mulino interno) è stato ad opera di singoli e benemeriti soggetti, ma un progetto strutturato, “collettivo” e complessivo non ha mai preso vita.
Possibile che questa nostra benedetta città sia destinata a non uscir mai dal grigio e pigro bozzolo delle “occasioni perdute”? Ci proviamo a salvare il Conolly anche per dare un segno in una direzione diversa dal passato? Chi vuole dare una mano vada sul sito del FAI e segua le istruzioni per votare. C’è tempo fino al 15 dicembre.
Poi, magari, chissà, torneremo a sognare di realizzare un progetto ampio che valorizzi tutta la storia di questa ex istituzione sanitaria. E torneremo a sognare di non perderla, almeno questa, di occasioni. Ne abbiamo già perse troppe, e ci basterebbero quelle.
Duccio Balestracci