In costa Sant’Antonio si trova il cosiddetto Portico dei Comuni d’Italia che fa da ingresso alla casa natale di Santa Caterina ed ha sostituito l’antica chiesa di Sant’Antonio.
La costa di Sant’Antonio scende ripida da via della Sapienza fino ad incrociarsi con via Santa Caterina e via della Galluzza. Ad un certo punto del suo percorso un cancello permette l’accesso al cosiddetto Portico dei Comuni d’Italia, realizzato nel 1940 dopo che il 18 giugno 1939 la Benincasa era stata proclamata Patrona d’Italia, insieme a San Francesco, da papa Pio XII.
Il Portico dei Comuni d’Italia fa da ingresso alla casa natale di Santa Caterina e per ricavare lo spazio necessario alla costruzione, però, si dovette demolire l’antica chiesa parrocchiale di Sant’Antonio, che ovviamente dava il nome alla strada prospiciente. Su questa chiesa le notizie d’archivio sono davvero scarse e risulta difficile ricostruirne le vicende storiche. La sua prima menzione risale al 1091, quando tra i testimoni di un atto di compravendita di un terreno viene nominato anche Martinuccio di Lambertuccio “de Sancto Antonio”.
È addirittura probabile che la chiesa sia ancora più antica, visto che il culto per il santo, eremita e fondatore del monachesimo orientale vissuto più di cento anni a cavallo tra III e IV secolo d.C., ebbe vastissima diffusione già nell’alto medioevo. Dopo questa citazione nessuna notizia sulla chiesa di Sant’Antonio è rintracciabile fino al XIII secolo, quando il più antico libro di Biccherna oggi conservato, risalente al 1226-27, nomina tra gli altri anche il “populus Sancti Antoni”, confermando che l’edificio religiosa era già allora sede di una parrocchia cittadina.
Per trovare qualche altro ragguaglio meritevole di interesse, si deve giungere fino alla “Guerra di Siena” (1554-55), quando nella chiesa di Sant’Antonio ripararono temporaneamente le monache di San Prospero, prima di sistemarsi in via definitiva nel convento delle Sperandie. Sappiamo, inoltre, che era di proprietà della chiesa sia lo spazio oggi occupato dal vicolo del Campaccio, che nel Medioevo era l’orto della parrocchia e che da questa era stato concesso in enfiteusi all’Arte della Lana, sia il terreno dove ai primi del Trecento sorsero i tiratoi dell’Arte medesima. Nella chiesa, inoltre, si riuniva l’Università e Arte dei Macellai, che ogni 17 gennaio, festa titolare del Santo, offriva quindici libbre di cera alla sede che l’ospitava.
Nell’Ottocento l’antico edificio doveva trovarsi in cattive condizioni, tanto che fu ristrutturato dalle fondamenta; fu abbattuta poi nel 1940 e il titolo parrocchiale venne trasferito alla vicina basilica di San Domenico. Per conoscere la struttura architettonica di Sant’Antonio non resta che uno schizzo approssimativo disegnato da Girolamo Macchi ai primi del Settecento: una semplice facciata adornata da un ampio portale di ingresso sovrastato da un rosone rettangolare e il tetto a capanna.
Nella raffigurazione la chiesa si trova all’interno di una specie di porticato delimitato da un basso muretto, cui si accedeva mediante un piccolo ingresso, con a destra diverse ampie aperture. Nessun aiuto, invece, giunge dalla pianta di Siena del Vanni (per motivi di prospettiva la presenza della chiesa s’intuisce appena) e anche alcune rare fotografie di inizio Novecento ne mostrano solo la parte bassa con il portale d’ingresso e non offrono una visione complessiva dell’edificio.
Roberto Cresti
Maura Martellucci