Si è appena chiuso il G7 della cultura a Firenze, nel tempio illustre della cultura europea che dette genio e passione al Rinascimento di un mondo diviso e rabbioso (quello di allora!) e ne testimonia valore e significato di una civiltà fondata sull’armonia dei rapporti, sull’essenza di un umanesimo senza esclusioni e confini.
La nostra città ha tutte le connotazioni per essere partecipe a questo intento di continuità e rinascita che i grandi del mondo perseguono nell’omaggio operoso agli emblemi più significativi di una civiltà, che dette vita alla Democrazia e al primato dell’Umanesimo.
D’altronde, l’Europa, non si ricrea se non nell’egemonia della cultura.
Ed è meraviglioso quanto l’Arco di Palmira ci unisca nei termini di una insopprimibile universalità.
Per venire all’attualità, di cui la cara Katiuscia mi sollecita una riflessione su Siena e, ad esempio, sulle recenti celebrazioni del Capodanno senese, il mio pensiero è molto vago e incerto e il coinvolgimento, non travolgente, è appunto connesso alla relatività di simili eventi, che meritano un ricordo particolaristico ma non vivono come effettive vestigia civili della Repubblica medievale o come il fascino della Contrada o l’esaltante e perenne vitalità del Palio (passione, festa, manifesto della gioia di vivere insieme).
Di queste contraddizioni reali o solo apparenti, è bene, infine, parlare: il pericoloso vizio sta nell’inerzia e nella sfiducia e fallace è la cultura dell’isolamento”.
Mauro Barni