Un argomento di particolare interesse, affrontato in due pubblicazioni fresche di libreria: “Lezioni sulla traduzione” di Franco Fortini (edizione Quodlibet), e “All’ombra dell’altra lingua” (ed. Bollati Boringhieri) di Antonio Prete.
Come scrive Prete, <<tradurre è trasmutare una lingua in un’altra lingua. Un testo in un altro testo>> e, fin qui, tutto sembrerebbe chiaro. Invece proprio da qui muove la questione : come può una “voce” diventare un’altra “voce”? Il traduttore si trova, nei confronti dell’autore, a dover affrontare, contemporaneamente, un atto d’amore e uno di sfida. L’amore nell’avvicinare, il più possibile, la sua voce alla voce dell’altro, anche se la traduzione, comunque, non riuscirà a preservare tutte le sfumature di colui che ha scritto per primo. La sfida, allora, si innescherà, proprio, su questo terreno. Dovrà entrare nel cuore della parola altrui e portare quella parola nel vivo di un’altra lingua. Per far questo il traduttore deve conoscere in profondità l’autore e in tutti i particolari, anche i più nascosti, il testo che vuole traghettare nella terra della nuova lingua. Certo, scrive Prete <<si traduce sempre all’ombra del primo testo, si traduce sempre dopo. Eppure il compito più proprio del traduttore sta nel fare di questo dopo la culla dove il primo testo è scosso dal vento di una rinascita, dove parole antiche tornano a risuonare come nuove senza attenuare il fascino della loro lontananza>>.
Insomma un delicato lavoro a caldo, analogo, per intensità di relazione, a <<un’esperienza d’amore>>. Un’esperienza nella quale il traduttore si troverà a essere il terzo elemento, anzi il quarto: lui e la sua lingua, l’autore e il suo testo.
Un esercizio, questo, che permette di esplorare altre culture e arricchire la propria, in incontri affidati all’energia della parole e alla loro metamorfosi da una lingua nell’altra.
<<La traduzione è uno strumento prezioso – afferma ancora Antonio Prete – per attraversare quel che è diverso e interrogarlo e conoscerlo. Mette in rapporto le differenze: passaggio, dialogo, incontro>>.
Al traduttore, quindi, il ruolo, anche, di mediatore interculturale, in grado di rendere visibili i pensieri nascosti sotto le parole, ma anche, come accade nella traduzione della poesia, i ritmi, i silenzi, la musica A tutto questo, inoltre, dobbiamo aggiungere, anche, un altro elemento, in grado di modificare l’atto del tradurre: la dimensione temporale. Del resto, infine, come scrive Lenzini nella premessa alla pubblicazione che raccoglie le “Lezioni sulla traduzione” di Franco Fortini <<La traduzione è un luogo privilegiato di riflessione e insieme di sperimentazione>>. Quindi, ancora tutta in divenire.
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