La storia della Sipos, scrittrice e redattore capo del settimanale Chi, racconta, con nomi di fantasia, la realtà quotidiana vissuta da milioni di donne. Violenza. Soprusi. E, nel peggiore dei casi, la morte. L’unico epilogo, che emerge dalle cronache dei giornali e dei TG. Sì perché tutto il resto: le angherie, le percosse, i ricoveri in ospedale delle donne maltrattate, purtroppo, non fanno più notizia. La nostra contemporaneità è già troppo assuefatta al crimine per scuotersi. Proprio per questo la Sipos ha raccolto e pubblicato il vissuto di una donna. Lo ha fatto per dar voce a tutte quelle voci che non trovano il coraggio di farlo. Per spezzare o, perlomeno, incrinare, un sistema familiare dove il silenzio e la sudditanza trovano ancora spazio, anche nei Paesi più civilizzati.
<<E’ un libro di servizio – ha detto la scrittrice – facile da leggere, così da raggiungere pubblici di estrazione culturale diversa. Ho incontrato Alice (questo il nome dato alla protagonista per rispettare il suo anonimato) un 8 marzo a casa di amici>>.
Strana e fortunata coincidenza, questa.
<<L’ho riaccompagnata a casa e, durante il tragitto, mi ha raccontato la sua vita>>.
La Sipos, dopo aver controllato la realtà dei fatti, li ha tradotti in un racconto che evidenzia la drammaticità delle statistiche. Ogni 8 minuti, nel mondo, una donna viene uccisa dal suo partner. In Italia si registrano 2 morti a settimana.
<<Alice – come ha spiegato la psicologa Comi – non riesce a “vedere” la realtà che sta vivendo>> e, fino a quando perdurerà questa situazione, non riuscirà a liberarsi dal suo incubo.
Una storia. Milioni di storie dentro la vita di Alice, per le quali necessita, ancora, un maggiore impegno. << Nella nostra realtà – ha evidenziato l’assessore Rosignoli – ci siamo attivati, già da anni, con un Codice contro le violenze nel luogo di lavoro; con iniziative nelle scuole; con un Protocollo e un monitoraggio, a livello provinciale, in grado di poterci far pervenire le segnalazioni quando i sensori della violenza vengono toccati. Un monitoraggio ed un sistema a rete già attivi, ma l’importante è saper offrire sempre qualcosa in più, anche a livello giudiziale>>.
In sintesi: le donne non possono restare sole, per questo l’importanza dell’agire delle associazioni e degli Enti pubblici. Un lavoro, sicuramente, complesso, visto che si deve intervenire sul cambiamento di retaggi culturali millenari, dove la donna è considerata mera proprietà, ma non impossibile, con l’attivazione di sinergie tese al raggiungimento della vera parità di genere.
La protagonista del libro di Nicoletta Sipos ce l’ha fatta. Ha detto basta al marito padrone. Lo ha fatto quando una concomitanza di fattori, a diverso titolo, hanno interagito con lei. Medici di strutture pubbliche, familiari, e, soprattutto, il fatto di non sentirsi più sola nel combattere la sua dolorosa battaglia.
Agire contro la solitudine delle donne vittime di violenza – per la Rosignoli – significa non lasciarle sole. Significa aiutarle ad iniziare una nuova vita. Lo stesso contributo lo ha dato Nicoletta Sipos con il suo libro
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