Un famoso fotografo americano incontra un talentuoso pittore italiano. Non poteva essere un incontro come tanti. Due artisti, due stili inconfondibili. Lonnie Schlein, una carriera legata per trentacinque anni al nome del New York Times per cui ricopre ruoli sempre più autorevoli, tanto che nel 1996 riceve l’incarico di editore fotografico per la prima pagina, selezionandone le immagini pubblicate giornalmente. Paolo Stefanelli, l’originale artista piemontese vince nel 2011 il primo premio della pittura assegnato dall’European Confederation of Art Critics durante la Biennale di Chianciano presso il Museo d’Arte di Chianciano. Un importante riconoscimento che confermerà il suo talento e lo preparerà a futuri eventi artistici come il Premio Internazionale Chianciano Arte organizzato dallo stesso Museo e la Biennale d’Arte di Londra al Chelsea Old Town Hall. Sarà proprio durante il Premio Internazionale, lo scorso settembre, che le due personalità artistiche si incontreranno. Lonnie Schlein viene conquistato dall’immaginazione visionaria che pervade le opere di Paolo Stefanelli e decide attraverso i suoi scatti prodigiosi di collaborare alla pubblicazione delle sue opere.
Quasi un incontro predestinato. Per anni Schlein ha immortalato il tempo. Lo ha fatto e ancora lo fa cogliendo con il suo obiettivo l’essere nell’appartenenza naturale a un dato momento storico e a un dato spazio. Testimonianza questa di come l’uomo si realizzi nella storia. L’eccellente equilibrio compositivo dell’immagine conferma questa sensazione: le persone trovano una collocazione nello spazio diventando parte di esso. Non ci sono elementi superflui. L’obiettivo ha selezionato perfettamente tutti gli elementi della scena come un pittore attraverso i suoi pennelli. Â
Paolo Stefanelli, invece, usa rulli che nelle sue mani sembrano setole, anche le sue tele hanno un equilibrio compositivo perfetto ma immortalano qualcosa che è fuori dal tempo, qualcosa che vive in una dimensione onirica, al di là della storia. Non ci sono più leggi spazio-temporali. Egli coglie il mutamento in divenire di visi, corpi, oggetti trasfigurati, tracciandone ogni sua forma in un vortice dove tutto può accadere. Oggetti riconoscibili che vengono decontestualizzati per indicare allo spettatore la loro vera essenza simbolica attinta da profondità inconsce. Non è un caso che Paolo Stefanelli ami dipingere ascoltando musica, l’arte che per eccellenza tocca le corde più profonde del nostro essere.
Sembrerebbero due visioni antitetiche, quelle dei due artisti, ma a ben guardare i personaggi fotografati da Lonnie, si riesce quasi ad afferrare gli assilli, i sogni e le paure che un accennato sorriso o uno sguardo vago o penetrante vorrebbero celare silenziosi. Se quei sogni e quelle inquietudini visionarie venissero fuori, potremmo forse approdare quasi magicamente alle figure trasfigurate dai loro stessi pensieri che si materializzano, emergendo improvvisi, nelle tele dell’artista piemontese. Non stupisca che il famoso fotografo sia stato affascinato da queste rappresentazioni e le abbia volute eternare con il suo obiettivo. Obiettivo che ha carpito l’essenza di visi famosi, da personaggi politici, tra i quali Clinton, Bush, Barack Obama, a divi di Hollywood come Al Pacino, Charlotte Rampling e tanti altri, ma che ha anche fotografato l’attacco alle torri gemelle e il periodo successivo alla tragedia. Un grande fotografo che ha viaggiato nel mondo e che ha ritratto il mondo per noi.
Paolo Stefanelli dipinge invece l’altro mondo, quello dei sogni in preda a metamorfosi che strabiliano. E’ un mondo che non incute paura, che appartiene a quella dimensione onirica dove l’arte ne depura i lati oscuri, innalzando i pensieri più reconditi a fantasie visionarie di suadente bellezza. Lo spettatore ne resta affascinato anche quando il suo nome è Lonnie Schlein e di cose e gente ne ha viste tante.
La fotografia omaggia così la pittura e lo fa alla grande. Â