Forever young, ossia per crescere c’è sempre tempo e voglio fare ancora il ragazzone, alla ricerca della mia giovinezza perduta. Questo sembra essere il principale motto dell’ultimo film di Fausto Brizzi – soggetto, sceneggiatura e regia- tornato nelle sale a tre anni da “Indovina chi viene a Natale?” . C’è l’avvocato Franco – Teo Teocoli, post- post cinquantenne superadrenalitico, sport e dieta vegana ossessivamente praticati (che di fare il nonno, forse, non ne vuol ancora sapere); c’è l’estetista- Sabrina Ferilli, 49 anni, che ha una storia clandestina con uno dei toy-boy odierni di anni 19- Emanuel Caserio- da sfoggiare in società… (figlio però della sua migliore amica Luisa Ranieri, molto divertente con le classiche uscite in lingua napoletana); c’è Diego- Lillo, dj radiofonico anche lui di mezza età, che nota come gli anni passano veloci e di come un re di YouTube- Francesco Sole- sappia ben prendere il sopravvento con i suoi migliaia di “I like” nel social; e poi c’è Giorgio- Fabrizio Bentivoglio, (attore leader dell’intero gruppo), 50 anni anche lui, fidanzato con splendida ventenne universitaria – Pilar Fogliati- che tradisce, nondimeno, con una donna della sua stessa età, Lorenza Indovina. E’ un interessante concatenazione di storie somiglianti; film dinamico, agevole e gravitante intorno a questo gruppo di giovani per forza, schiavi dell’immagine, figli della ricchezza degli anni ‘80 italiani. Sono personaggi ben costruiti, ben collocati, e forse troppo ben stereotipati. Opera, quindi, corale e ritmata, con una colonna sonora briosa, e un intreccio di storie portate avanti dai diversi protagonisti accomunati dal loro giovanilismo ad oltranza: non accettare il tempo che passa e fare finta con se stessi di avere un’età che consente di sembrare sempre giovani e molto, molto “green”.
Le situazioni che Brizzi propone sono i temi principali della contemporaneità: una società, la nostra, che non lascia poi tanto spazio ai giovani ma anzi rottama tranquillamente chi ha qualche capello bianco facendolo passare per novità. Ma il tema caldo del film è soprattutto l’aspetto esistenziale: il rifiuto quasi ossessivo dei protagonisti-adolescenti di venire a patti con l’età, con il tempo, con la storia che cambia. È indubbiamente una commedia amara ma piacevole, un’operetta di costume, sorridiamo e riflettiamo, ha una sceneggiatura scorrevole e a tratti anche rilassante…ma…. Ma è un lavoro che il regista -e i coautori Martani e Falconi- portano avanti non affondando il coltello nella piaga: le storie non si trasformano da storie un po’ banali e risapute a storie particolari perché il prodotto non ci sembra “ispezionato”, approfondito, “osato” dal regista. Brizzi si trattiene a latere e i suoi personaggi rimangono essenzialmente molto ben costruiti a tavolino. Il film non suscita nello spettatore pensieri “sgradevoli” al punto giusto, preferisce farlo rimanere comodo in poltroncina, farlo sorridere classicamente… e non si può non confrontarlo con l’altro ora nelle sale “Perfetti sconosciuti”. Con il film di Paolo Genovese, infatti, i nuovi mostri compaiono davvero, si mostrano feroci e divertono il pubblico con la loro cattiveria uscita allo scoperto. Qui manca la ferocia sociale e intellettuale del tema trattato (i “vecchi” di oggi per forza addentro i nuovi contesti sociali) e si preferisce rimanere ben schedati nei luoghi comuni che fanno incasso. Insomma, Brizzi privilegia il politically correct (o buonismo, come ci pare…) rispetto all’altro regista della “nuova commedia italiana”.
Il suo analizzare la società non va oltre gli standard sociali presentatici e non basta solo, secondo noi, citare Facebook e Youtube per descriverla a fondo. Certo, c’è ironia, le battute migliori del film sono indubbiamente quelle che giocano con il contrasto tra il vecchio (vintage anni ‘80) e il nuovo (il cosiddetto postmoderno), e lasciano in qualche modo disorientati: “ ma dove lo trovi il tempo di fare la pasta a mano?” “ma io non uso facebook!”. E in cima alla lista delle scene più buffe poniamo quella del super e prestante avvocato settantenne Teo Teocoli con la partita di tennis al Foro Italico in cui il nostro sfida il genero con trent’anni di meno… ma tanti chili di più. Però Brizzi, comunque, oltre non va. Forse è tutto troppo classico, ben definito, ben studiato, e ben pensato: commedia perfetta, attori perfetti. Il regista, insomma, non lo fa andare il suo prodotto, non gli scioglie le vele. Brizzi non è Dino Risi, e seppure componga personaggi al limite del paradosso – Bentivoglio che tradisce la giovanissima e sensualissima fidanzata con una sua coetanea- lo fa solo con tenerezza, non riuscendo a farci toccare l’amaro quadro di ridicolaggine e solitudine che contornia i suoi protagonisti. La voglia di giovinezza perenne viene inizialmente criticata, ma dopo è quasi giustificata e la satira non c’è…Brizzi oltre non va perché i suoi protagonisti sembrano esempi illustri di televisione e politica, proprio come la società di oggi propone, imprigionandoci in canoni e modelli eternamente da seguire. Ma non basta ballare in discoteca uno accanto all’altro per tornare ragazzi , anche se avere vent’anni, forse, era più bello negli anni Ottanta (Brizzi è classe 1968…). L’Italia, però ricordiamocelo, è un anche un paese pieno di adulti “cinquanta e passa” che lavorano, sono responsabili, prendono il tram e la pasta la fanno in casa non perché è vintage, ma perché si risparmia rispetto al ristorante…
Comunque, aldilà delle mancanze, il film non risulta inconcludente perché la sua ambizione è, alla fine, risultare commedia, e ci riesce bene.
L’aspetto più positivo è di come lo spettatore si ricordi che, a parte i maniaco-ossessivi della gioventù, esistono anche persone vive, che non necessitano dei canoni social per relazionarsi, che mangiano più di quel che devono e frequentano persone della loro età….senza la paura di mostrare quando sono nati, il loro peso, le loro normali debolezze umane. E’ un film, comunque, da vedere, per farsi due sorrisi intelligenti, magari insieme ad ambedue le maschere: l’ adolescente forzato e il giovane “millenial”, perché ogni età ha le sue bellezze da vivere a pieno, senza ascoltare il tic tac del nostro orologio e senza, ad ogni costo, farla da padroni nei diversi contesti social.
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