Se c’è un album di rock italiano uscito negli ultimi cinque anni che si può meritare il titolo di “generazionale”, quello è “La fine dei vent’anni” di Francesco Motta. Uscito il 18 marzo del 2016, il primo lavoro solista dell’ex Criminal Jokers ha raccolto consensi sia di critica che di pubblico. Il successo, per il musicista pisano ma ormai romano d’adozione, è arrivato piano piano, come un’onda che monta con calma. Francesco Motta domani porterà le sue canzoni sul palco del Teatro dei Rinnovati di Siena per la rassegna “Rinnòvati Rinnovati”. Per l’occasione ci abbiamo due chiacchiere sulla musica e sul tempo che passa.
Un anno fa usciva “La fine dei vent’anni”. In questo lasso di tempo tante cose sono cambiate, visto che ha iniziato il tour suonando in piccoli club e ora sta suonando anche nei teatri. Com’è stato per lei questo anno?
«E’ stato bellissimo. Il tutto è frutto della consapevolezza che per fare le canzoni ci vuole pazienza».
Il suo primo lavoro da solista è considerato già un album generazionale. Per lei arrivare ai trent’anni vuol dire arrendersi ?
«No, per me vuol dire incanalare meglio le energie, vuol dire scegliere tutte le cose belle. C’è, in generale, più lucidità rispetto ai vent’anni. Personalmente mi diverto anche di più rispetto a prima».
Quindi non ha paura di essere arrivato ai trenta?
«Li ho fatti a ottobre e sto una bomba».
Il suo album oscilla tra le influenze del cantautorato italiano e quelle della musica internazionale. Quant’è difficile questo equilibrio?
«Io devo pensare a fare musica mia, principalmente. Le influenze sì ci sono, ma, quando mi sono messo al lavoro sull’album, ho pensato solo a fare musica mia non “bella”, così come consigliato da Riccardo (Sinigallia, produttore di “La fine dei vent’anni”, ndr). Per “bella” intendo quella che ascoltavo da piccolo e che reputavo tale, come quella dei Pixies o dei Violent Femmes».
Attualmente quale musica le interessa maggiormente?
«Sto ascoltando tanta musica italiana, come quella fatta da Salmo. Degli ultimi lavori usciti, mi piacciono anche quelli de Le luci della centrale elettrica e di Brunori».
Lei è nato e cresciuto a Pisa ma abita a Roma dal molto tempo. Nonostante la lontananza, c’è la Toscana, la sua Pisa, la sua terra nella sua musica?
«In realtà no, perché sono più interessato alle persone che ai posti».
Quali saranno i suoi prossimi progetti?
«Mettersi a scrivere le canzoni nuove. Sto cominciando adesso».
Emilio Mariotti
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