Il decimo ed ultimo appuntamento del ciclo dedicato allo scopo dell’arte è affrontato con la significativa opera “Per purificare le parole” di Gilberto Zorio. Emblematica a partire dal titolo che ne riassume la poetica concettuale, quest’opera è un vero e proprio strumento spaziale, simbolico e pratico dove le parole possono essere parlate, passando attraverso delle condutture in cui simbolicamente si purificano. Dal boccaglio recettore attraverso il giavellotto vettore, le parole entrano nel vulcano modellato con sabbia dello Stromboli catalizzata con impasti naturali come ad evocare il fuoco che purifica gli elementi. Con quest’opera di Zorio si ha un’opportunità nuova: quella di considerare come un ambiente ciò che convenzionalmente è considerato un mezzo. Questo avviene grazie all’intuizione presentata dall’artista, ovvero la necessità che le parole possano essere purificate, riportate cioè alla loro essenza originaria di elementi senza essere decontestualizzate dal linguaggio, che è l’ambiente nel quale vivono e si esprimono.
L’opera “Per purificare le parole” è chiamata a chiudere il ciclo in quanto assume, in tipologia, il simbolo di ogni opera d’arte e gesto artistico il cui destino appare quello di rendere visibile, vero e reale ciò che è in realtà è già presente nel mondo invisibile.