L’incontro, ad ingresso libero, si terrà nella Sala storica della Biblioteca degli Intronati (via della Sapienza, 5), alla presenza dell’autore, con interventi di Simone Rossi, professore del dipartimento di scienze neurologiche e neurosensoriali al policlinico Le Scotte, Alberto De Capua, chirurgo specialista in psichiatria dello stesso ospedale e Martina Di Simplicio, medico psichiatra, ricercatrice alla Oxford University.
Attraverso gli atti di cronaca giudiziaria dell’epoca, che ricostruiscono l’istruttoria tenutasi tra il 1631 e il 1633, il testo narra vicende torbide e scandalose che rendono ancora più claustrofobico il mondo periferico e rurale di un borgo sperduto nella Maremma nel Comune di Scansano, con poco più di 500 anime, negli anni oscuri della Controriforma e dell’Inquisizione.
<< La mia intenzione – commenta Oscar Di Simplicio – non è tanto quella di fare giornalismo storico per riportare alle cronache lo spirito diabolico del Niccolai, né tanto meno di limitarsi ad un giudizio etico e morale sulle nefandezze e le angherie compiute da questo complesso personaggio. Piuttosto, mi interessa sollevare alcuni interrogativi universali sull’indole umana, anche con il ricorso alla neurobiologia e alla scienze cognitive: l’istinto dell’uomo è portato al bene o al male? E quali sono i rapporti tra natura e cultura al livello del comportamento? >>.
“Lui era padrone e lui dominava e faceva la Giustizia temporale e spirituale e non c’era altri che Dio sopra di lui”, confessa il prete coevo Tommaso di Domenico Bonitii, durante la propria testimonianza processuale. Frodi, rapine e furti patrimoniali di vario genere, dal bestiame alle terre; corruzione e arbitrarietà nell’esercizio delle proprie funzioni pubbliche; commissioni di omicidi punitivi e, allo stesso tempo, dimostrativi, come nelle moderne pratiche camorristiche; concubinato e paternità, fornicazioni e pratiche pedofile e sodomitiche: il tutto in un miscuglio di amore, arroganza e sopraffazione. Atti di violenza superba e impunita, reiterati nell’arco di un ventennio, grazie ad un capillare sistema di appoggi e connivenze negli alti ranghi della società nobiliare senese e negli ambienti ecclesiastici, resi possibili anche dal consenso interessato o coartato degli stessi montorgialesi. Emerge, dallo psicodramma, il potere coercitivo, per certi aspetti politico e di richiamo machiavelliano, con cui Marcantonio Niccolai riusciva ad imporre sulla comunità locale il proprio ego ed i suoi disegni criminali ed occulti, mantenendo, al contempo, un’ampia base di sostegno ed autorevolezza spirituale.
Un testo, dai contenuti forti, che suscita un inevitabile istinto di condanna, etica e morale, per la crudezza dei fatti e invita a riflessioni di ordine cognitivo, psicologico e socioculturale sulla complessità del Sé e sui meccanismi delle relazioni interpersonali e comunitarie.
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