“Il convoglio numero 10 partirà dalla stazione di Asciano per…” e il fischio del treno in partenza che copre la destinazione. Potremmo immaginare così la partenza di un treno nel 1944. Da quel convoglio, poi, scenderanno per salire su altri che li porteranno al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, dove i coniugi Ayò perderanno la vita. E’ questa la vicenda al centro del video documentario di Juri Guerranti sulla storia vera di due ebrei che, nel febbraio del 1944, vengono arrestati ad Asciano e deportati nel lager nazista. Al loro arrivo saranno subito inviati nelle camere a gas per lo sterminio. Durante le ricerche e la successiva produzione dell’opera, il giornalista senese è riuscito a risalire a una parente dei coniugi Ayò. Si tratta della nipote 95enne, Elena Rossi Artom, che vive dal 1939 in Israele.
1944 Asciano-Auschwitz sola andata, prodotto dal Comune di Asciano, è stato presentato mercoledì 9 dicembre nella mediateca di Asciano alla presenza, insieme all’autore, del Prefetto di Siena Renato Saccone, del sindaco di Asciano Paolo Bonari e dell’Abate Generale di Monte Oliveto Maggiore Don Diego Maria Rosa.
«E’ la prima volta che il Comune di Asciano si impegna direttamente nella produzione di un documentario di questo tipo – ha sottolineato il sindaco Bonari -, ma avevamo il dovere di farlo per rendere in parte giustizia verso chi non siamo stato in grado di proteggere in quegli anni tremendi. Una storia molto toccante quella dei coniugi Ajò che la maestria di Juri Guerranti ha saputo raccontare al meglio. Due persone normalissime, lontane dalla politica ed assolutamente innocue che per il solo fatto di essere ebrei si trovano al centro di un meccanismo infernale che li sradica dalla loro comunità e li catapulta da Livorno ad Asciano, dove vivono in internamento per un anno e mezzo, privati della libertà e delle proprie risorse, assolutamente incapaci di difendersi. Ed Asciano, da secoli il paese del garbo e dell’accoglienza, che dimentica la propria umanità e li consegna alle bestie che li condurranno ad Auschwitz dove saranno uccisi il giorno stesso del loro arrivo».
L’autore Juri Guerranti ha risposto ad alcune domande per approfondire il percorso che lo ha portato a realizzare quest’opera.
Come nasce il documentario e quali sono state le tempistiche della realizzazione?
Il documentario nasce perché il sindaco di Asciano il 27 gennaio scorso, in occasione della giornata della memoria organizzata dalla Prefettura di Siena, ha visto il mio documentario Novembre 1943: accadde anche a Siena dove accennavo anche alla deportazione dalla sua città. Quindi mi ha chiesto di occuparmi della vicenda facendo ulteriori ricerche e da lì è nato questo lavoro focalizzato sulla triste vicenda dei coniugi Ayò.
Avendo già molto materiale sul tema sono bastati 5 mesi, in particolare di ricerche presso gli archivi: a Roma in quello centrale dello Stato, anche a Siena in quello di Stato e ad Asciano in quello Comunale. Il tempo è servito principalmente per la ricerca sulla vicenda particolarissima del signor Ayò. Lui infatti prima della deportazione aveva già conosciuto il dramma della persecuzione e dell’internamento. Dal 1940 era oggetto di restrizioni della libertà personale, essendo stato rinchiuso dal regime fascista in vari campi di concentramento prima e poi dirottato in quello di internamento “libero” nel senese da metà del ‘.42.
La comunità di Asciano, dalle testimonianze che hai potuto analizzare, come visse il fatto di essere un centro di internamento?
Non so come Asciano visse questa cosa, purtroppo nessuno sa niente di questa vicenda. Anche il Comune ha fatto appelli ma nessuno si ricorda nulla. Evidentemente il tempo passa. ma il problema forse è anche un altro: ad Asciano dal ’42 arrivarono tanti sfollati, decine e decine da città come Livorno colpite da bombardamenti. Per questo a mio avviso era difficile individuare il perseguitato per motivi razziali fra tanta gente sfollata. Ho potuto ricostruire la vicenda solo con le carte di archivio, la gente del posto non mi è stata d’aiuto. Nel documentario ho inserito comunque un’intervista a un ascianese che, non volendo servire l’esercito di Salò, si nascose durante l”occupazione. L’ho messa per far capire il clima che si respirava sotto la R.S.I..
Qual è il rapporto con la memoria della coppia da parte della nipote?
La nipote l’ho rintracciata io. Questa è la cosa forse più bella del documentario, l’aver potuto dare a una 95enne che vive dal ’39 in Israele (essendo fuggita dopo le leggi razziali dall’Italia) un pezzo di verità sulla sorte dei propri congiunti. Per di più grazie a questo lavoro il Comune è riuscito a mandarle una medaglia d’oro alla memoria degli zii. La signora sapeva poco o niente sulla loro sorte, sapeva solo che erano morti. ma non sapeva delle sofferenze patite precedentemente. Mii riferisco al fatto che la zia Fanny fosse praticamente cieca e sola, con lo zio che dal ’40 era stato spedito in campi di concentramento italiani, solo per il sospetto che fosse una spia e un disfattista. Sospetto, direi più che altro pregiudizio razzista.
Intervista di Emilio Mariotti