Nella ricorrenza della morte del Beato Ambrogio Sansedoni, teologo senese e condiscepolo di San Tommaso D’Aquino, mercoledì 20 marzo, la Fondazione Monte dei Paschi di Siena farà celebrare le tradizionali messe nella Cappella che si trova all’interno della sua sede a Siena, in Banchi di Sotto 34.
Alle ore 9 la messa verrà celebrata dall’Arcivescovo di Siena, Antonio Buoncristiani alla presenza delle autorità cittadine. Le altre funzioni saranno officiate alle 10 ed alle 11 rispettivamente da Padre Alfredo Scarciglia dei Padri Domenicani e dal parroco della parrocchia del Beato Ambrogio Sansedoni, don Tito Rovai.
Nell’occasione verranno predisposte, come tradizione, elargizioni a favore delle persone bisognose della città e verrà distribuito il pane benedetto.
Il Beato Ambrogio Sansedoni
Ambrogio Sansedoni (Siena, 16 aprile 1220 – 20 marzo 1286), il personaggio più noto della nobile famiglia che fu proprietaria del palazzo attualmente sede della Fondazione Mps, entrò nell’Ordine Domenicano a diciassette anni ed ebbe a Colonia, come maestro, San Alberto Magno e come compagni di studi San Tommaso d’Aquino e Pietro di Tarantasia, il futuro papa Innocenzo V.
Chiamato a Parigi ad insegnare, Ambrogio si fece conoscere pure soprattutto per l’efficacia della predicazione sia nelle chiese che nelle piazze. Alcuni pittori lo hanno raffigurato con lo Spirito Santo in forma di colomba bianca, che gli parla all’orecchio.
Ebbe doti eccezionali di persuasore, e si deve anche a lui se non scoppiò uno scisma in Germania, nel 1245, per il dissidio tra il concilio di Lione e l’imperatore Federico II. Alla morte di quest’ultimo, suo figlio Manfredi tentò di recuperare i territori imperiali nel Sud d’Italia. Siena si schierò con lui e per questo motivo papa Clemente le inflisse l’interdetto (divieto di celebrare i riti sacri). Ambrogio Sansedoni corse allora dal Papa, che si trovava ad Orvieto, per difendere i concittadini. Lo fece con tale vigore da convincere il pontefice. La sua abilità oratoria fu apprezzata a Parigi, in Germania e nelle tante città italiane che lo videro protagonista nel cercare di ammorbidire conflitti, costruire tregue, fermare le armi.
Fu un riconciliatore instancabile e persuasivo, con le sue parole lucide e appassionate insieme. Nonostante le sue doti non riuscì però a salvare Corradino di Svevia, ultimo principe tedesco in lotta per il Sud d’Italia, dopo la sconfitta e la morte di Manfredi. Battuto a Tagliacozzo (1268), Corradino venne consegnato a Carlo d’Angiò, che lo condannò a morte, malgrado l’intervento di Ambrogio (in quel tempo a Napoli) che fece intervenire anche il Papa. Dopo tanti viaggi, Ambrogio tornò a Siena, ricominciando a predicare. E nella sua città morì, colto da un malore proprio durante una delle sue celebri orazioni.
Siena lo ha in seguito ricordato collocando un suo busto sulla facciata del Duomo e, fino a metà ’500, facendo correre un Palio a lui dedicato. Nel 1597 papa Clemente VIII lo incluse nel Martirologio romano.
Il Beato Ambrogio è stato anche il soggetto del drappellone del 2 luglio 1986, dipinto da Carlo Cerasoli, disegnatore e pittore umoristico, e vinto dal Drago. L’occasione della dedica fu il settimo centenario della morte. L’iconografia è ripresa dall’affresco di Sano di Pietro che si trova nella Sala delle Lupe del Palazzo Pubblico.